A cura di Federica Astorri, Antonella Bavuso Volpe, Laura Costa – Master Scienziati in Azienda ISTUD XVI Edizione.
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), definita anche la malattia dei motoneuroni, è una patologia a prognosi infausta, di cui non si conosce ancora la causa. La malattia si impossessa gradualmente di ogni singola parte del corpo ma non del cuore e della propria coscienza, se non le viene permesso. Questo è il messaggio con cui Vincenzo Soverino, vicepresidente della Onlus Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica (AISLA), ha introdotto la sua testimonianza a noi studenti del master ISTUD “Scienziati in Azienda”. Vincenzo ha incontrato la malattia nel 2005 e da allora si è fatto portavoce delle problematiche e delle esigenze di altri malati, che egli stesso definisce “fratelli di malattia”. AISLA nasce nel 1983 con l’intento di diventare un punto di riferimento per i malati e le loro famiglie in tutto il territorio nazionale, collaborando attivamente con le istituzioni e gli organismi nazionali. Tre sono i capisaldi della sua missione: l’assistenza e il sostegno psicologico ai malati e alle famiglie, la formazione e l’informazione, il supporto e la promozione della ricerca scientifica.
Per rispettare questa missione, Vincenzo Soverino divide le sue giornate tra la carica di vicepresidenza e di coordinatore delle 60 sedi AISLA sparse per l’Italia, cercando di conciliare le diversità regionali e culturali, al fine di portare ovunque lo stesso grado di aiuto e supporto al malato. Ogni attività dell’associazione si fonda sull’osservanza di un’unica parola chiave: dignità. Cosa significa restituire dignità al malato? Significa restituirgli il tempo. Il tempo è relativo e per chi ha una malattia non passa mai. Spesso le istituzioni dimenticano che il loro compito è aiutare i malati a dare senso al loro tempo. Obbligano il malato di SLA a vivere ad ogni costo senza fornirgli i mezzi adeguati per farlo con dignità, senza spiegare loro che il mondo ha bisogno anche dei “colpi di triangolo”. Perché colpi di triangolo? Per Vincenzo nella vita ognuno di noi ha una mansione e deve suonare il proprio strumento in modo tale che l’armonia dell’universo venga rispettata. Tutti vorremmo essere dei primi violini, dimenticando l’importanza degli altri strumenti. Vincenzo ha trovato il suo compito nella lotta contro gli innumerevoli ostacoli che un malato di SLA è costretto ad affrontare, cogliendo il positivo in ogni situazione della sua vita. Con lo scopo di informarci sulla malattia, perché l’informazione genera rispetto, Vincenzo ha aperto il suo cuore a noi studenti e ha risposto ad alcune delle nostre domande:
Nel 2013 ha ricevuto l’onorificenza a Cavaliere della Repubblica. In un’intervista il presidente AISLA si augurava che questo riconoscimento potesse attirare l’attenzione delle istituzioni verso quelli che sono i bisogni delle persone disabili. Qual è secondo lei il bisogno principale del disabile e qual è la causa che al momento le sta più a cuore? Dove bisogna concentrarsi maggiormente oggi?
Il bisogno principale di qualsiasi malato è ricevere attenzione e non avere la sensazione di essere abbandonato dalle istituzioni. Il mio sogno è innanzitutto quello di svegliarmi una mattina con tutti i telefoni di casa che squillano e sentirmi dire che è stata trovata la cura per la SLA. L’altro sogno è quello dell’inclusione sociale del disabile in sé. Non mi piace sentire che i disabili vengano maltrattati, malmenati o non rispettati anche solo occupando il loro parcheggio. Per questo mi piacerebbe che ci fosse una rete di informazione in cui ogni disabile possa esprimere la sua opinione: nulla su di noi senza di noi è il nostro motto. Se il mio orologio comincia a scandire il tempo al contrario, il mio tempo mi piacerebbe viverlo come dovrebbe essere vissuto, non a combattere per qualcosa che mi appartiene di diritto. L’onorificenza a Cavaliere della Repubblica mi dà una grande carica e al contempo una grossa responsabilità. Per me è sempre un punto di partenza e mai un punto di arrivo.
Qual è la barriera sociale che avverte di più nei confronti della SLA?
La percezione nei confronti della SLA nello specifico è la non informazione. Noi come malati di SLA chiediamo rispetto e chiediamo che ci sia più informazione nell’opinione pubblica e nelle istituzioni. Abbiamo davanti una malattia molto difficile e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Anche la mia presenza oggi qui ha lo scopo di trasmettere un’informazione: come si svolge la giornata di un malato di SLA. Credo, quindi, che oggi voi saprete sicuramente qualcosa in più rispetto a prima e andrete a dormire con un pensiero diverso. Ecco cosa vogliamo noi malati di SLA: rispetto innanzitutto per noi e le nostre famiglie, ma nello stesso tempo vogliamo che le istituzioni e l’opinione pubblica vengano informate su una malattia che al momento non ha una cura.
A proposito di questo e del sensibilizzare anche i giovani, voi fate spesso incontri nelle scuole, nelle università e a giovani medici?
Sì. Credo che noi come associazione AISLA abbiamo il compito di formare/informare tutte le persone che possono essere coinvolte, dal caregiver fino al medico. Ma nello stesso tempo devo ringraziare tutte le nostre sezioni sul territorio che vanno a parlare anche nelle scuole. Nelle scuole si cerca sempre di usare un linguaggio adatto ai bambini. Ad esempio una nostra malata ha fatto un bellissimo libricino che si intitola “cosa sta succedendo qui” che cerca di spiegare la malattia ai bambini di 3-5 anni. Soprattutto laddove ci sono i nostri “nipotini”, i figli dei nostri malati, cerchiamo di essere presenti per far sì che ricevano rispetto e non si sentano esclusi.
Quali sono i progetti futuri e le iniziative che AISLA ha in programma?
Stiamo promuovendo una serie di iniziative con lo scopo di sostenere il nostro progetto “Operazione Sollievo”. Cerchiamo di aiutare concretamente le famiglie attraverso il sostegno o l’acquisto, ad esempio, di materassi antidecubito, siringhe, aspiratori che a volte la ASL non fornisce.
Nella pratica, come possiamo avvicinarci ad AISLA e dare il nostro contributo come volontari?
Il volontariato è sicuramente molto importante. Tutti possono dare il proprio contributo. Il volontario può contattare direttamente l’associazione che si occuperà di metterlo in contatto con la sede regionale a lui più vicina. Il volontario sul territorio può creare una serie di reti tra amici, conoscenti e altre associazioni e organizzare una raccolta fondi o decidere di far visita direttamente al malato per leggergli il giornale o semplicemente per fargli compagnia.
Ringraziamo Vincenzo Soverino per la sua testimonianza, che per noi è stata un’importante lezione di vita.
“La voglia di vivere è l’unica cosa davvero inguaribile”