Intervista a cura di Isabella Corsini, Myglange Ngnassi, Noemi Pezzotti – Programma “Retail Your Talent” 2016-2017
Primo Tiziano Compagnoni, ex Export Manager di 8 aziende nel settore dell’ARREDAMENTO DI INTERNI con uno showroom di proprietà a Shenzhen, Cina, è attualmente Presidente e Export Manager di Export Manager Uniti network.
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Abbiamo visto che attualmente è Presidente di un network chiamato “Export Manager Uniti”, ci vuole spiegare che cos’è?
Siamo un Network di 450 Export manager uniti e coordinati al fine di promuovere e vendere il Made in Italy nel mondo. Siamo presenti in 120 Paesi; l’80% di noi risiede all’estero da diversi anni. Copriamo più di 25 Settori merceologici: dalla moda, al design, al mobile per ufficio, alla meccanica, al food and wine, agli accessori moda, alle calzature e borse, all’allestimento di negozi, alle soluzioni retail per il franchising.
In cosa consiste il ruolo dell’Export Manager e quali sono le sue caratteristiche?
L’Export Manager è un ruolo molto semplice da descrivere, dal mio punto di vista è un venditore con esperienza e buona padronanza della lingua inglese che anziché vendere in Italia lo fa all’estero. Interfacciandosi con realtà di paesi di grande superficie e con una popolazione numerosa l’export manager deve avere grandi doti organizzative, saper reagire con prontezza e in forte autonomia a qualsiasi imprevisto. Deve quindi essere una persona intraprendente e determinata a raggiungere i propri obiettivi.
Molte aziende italiane commettono spesso il grave errore di voler trattenere l’Export Manager vicino alla sede e quindi lontano dai clienti. A parere mio, usare il termine “Export Manager” è fuori luogo se rivolto a una persona che svolge un lavoro di questo tipo, in quanto si limita a contattare via telefono persone che stanno in altri paesi.
Il Resident Export Manager invece è colui che vive nel Paese in cui esporta, è quindi costantemente a contatto con il mercato a cui si rivolge e a disposizione dei suoi clienti.
Ci racconta una sua giornata tipo?
La mia giornata generalmente consiste nell’incontrare i clienti e negoziare con l’obiettivo di chiudere le trattative. Per fare tutto ciò è necessaria una buona conoscenza del mercato a cui mi rivolgo, del prodotto che vendo e dei miei concorrenti.
Per questo devo costantemente fare riferimento a banche dati internazionali, rilevare le aziende estere che potrebbero essere interessanti dal punto di vista del fatturato e il nome dei loro Amministratori Delegati.
Lavoro per crearmi una rete di nuovi contatti mandando una brochure del prodotto che sto cercando di vendere via email, in seguito fisso gli appuntamenti con i nuovi potenziali clienti e creo un itinerario seguendo criteri di data e luogo, un’agenda.
Un’altra cosa che richiede organizzazione ed è molto utile a crearsi nuovi contatti nel settore delle vendite estere è quello della partecipazione alle fiere Internazionali.
Quali sono le maggiori difficoltà del suo lavoro e quali gli aspetti più interessanti?
Una delle difficoltà maggiori di questo lavoro è il fatto di non avere un ufficio e un’azienda il loco, in questo modo è molto difficile riuscire ad abbattere la barriera della diffidenza da parte dei buyer e accrescere la nostra credibilità. Molto spesso la difficoltà nella chiusura delle trattative deriva dal fatto di non poter mostrare all’acquirente lo showroom e la sede di produzione dei nostri prodotti.
La soddisfazione al contrario è poter essere portavoce del Made in Italy, che se venduto nel modo giusto può dare tanti frutti. Questo è un lavoro che riesce a darti tanto. C’è lo spirito della scoperta, oltre naturalmente, all’emozione di chiudere affari importanti in tutto il mondo.
Quali sono secondo il suo punto di vista le competenze e le attitudini caratteriali che dovrebbe avere un buon Export Manager?
L’export manager è una persona che lavora in totale autonomia in un luogo molto lontano dalla sede dell’azienda, che molto spesso non aiuta in nessun modo. E’ proprio per questo che l’export manager deve essere una persona autonoma, ben organizzata, intraprendente e determinata a raggiungere il proprio obiettivo, che sappia reagire con prontezza agli imprevisti.
Essendo lei come Export manager gli occhi e le orecchie dell’azienda all’estero, le capita spesso di individuare nuovi prodotti o semplicemente caratteristiche diverse che potrebbero essere innovative per l’azienda?
Assolutamente sì, il venditore che esce dall’azienda può dare tantissimi feedback su prodotti o su nuovi insediamenti. Sfortunatamente è spesso complicato che l’azienda ne faccia buon uso, non essendo sul campo e quindi avendo più scetticismo nei confronti di queste nuove tendenze. Una soluzione a questo problema è parlare direttamente con l’Amministratore Delegato e portarlo in loco perché se ne renda conto in prima persona.
In quale fase della sua carriera le è sorto il desiderio di diventare un Export manager?
Fin dall’inizio della mia carriera sapevo che presto mi sarei rivolto al mercato estero. Nato come venditore ho analizzato ben presto la potenzialità presente nei paesi esteri confronto a quella presente in Italia.
Perché ha scelto quello Cinese fra i mercati a cui si poteva rivolgere?
Quando io ho cominciato, quindici anni fa, la Cina era un mercato molto allettante per le aziende italiane che volevano esportare i propri prodotti. Il dato più significativo rimane comunque la quantità: da sola, la Cina è il mercato più grande del mondo, con oltre il doppio dei consumatori potenziali di tutto l’occidente messo assieme.
Come rispondono i Cinesi all’offerta del food Made in Italy nel loro Paese?
L’esportazione di “food” in Cina è molto difficile, causata dalla forte differenza in termini di gusto che c’è fra i prodotti e le materie prime italiane e quelle locali. Per facilitare la vendita dei nostri prodotti in Cina bisognerebbe trovare il modo di insegnare loro come utilizzarli, per esempio mostrando loro alcune preparazioni della cucina italiana, e quindi come apprezzarli.
Ha mai notato differenze fra la logica di contrattazione europea e quella nei Paesi Asiatici?
Sì, è molto importante per i buyer Asiatici fissare più di un appuntamento per acquisire fiducia nel venditore e comprendere in modo approfondito il prodotto che stanno acquistando. Per questo credo sia essenziale ad una buona riuscita dell’azienda la presenza di un Resident Export manager in loco.
Quali sono le maggiori difficoltà che si è trovato a gestire in fase di contrattazione o di vendita?
Le difficoltà maggiori sorgono quando non c’è una valida ricerca di mercato ex ante da parte dell’azienda e ci si trova a vendere un prodotto senza una buona pianificazione strategica.
Con quali team o funzioni aziendali si interfaccia maggiormente?
Nelle aziende di grande dimensione è il direttore estero la persona con cui si ha il rapporto maggiore, in quelle di media dimensione invece è l’Amministratore Delegato.
Qual è secondo il suo punto di vista il percorso professionale ideale per un ragazzo alle prime armi, che ambisce al ruolo di Export Manager?
Alla base ci deve essere una forte attitudine alla vendita. Grinta, personalità e la voglia, ovviamente, di arricchirsi facendo business. Detto questo non mi sento di generalizzare, le competenze richieste sono comunque quelle commerciali. Trascorrere in Italia almeno 2 anni come funzionario commerciale potrebbe essere il giusto modo per sviluppare le competenze necessarie a potersi aprire al mercato estero. È essenziale lavorare sul campo per conoscere il mercato, le dinamiche e specialmente i prodotti.
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