In Italia si contano circa 75.000 persone affette da Sclerosi Multipla e questa patologia può esordire a ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e nelle donne, che risultano colpite in numero doppio rispetto agli uomini. Per frequenza è la seconda malattia neurologica nel giovane adulto e la prima di tipo infiammatorio cronico. La causa o meglio le cause sono ancora in parte sconosciute, tuttavia la ricerca ha fatto grandi passi nel chiarire il modo con cui la malattia agisce, permettendo così di arrivare a una diagnosi e a un trattamento precoce che consentono alle persone con SM di mantenere una buona qualità di vita per molti anni. La Sclerosi Multipla è complessa e imprevedibile, ma non riduce l’aspettativa di vita.
Affrontiamo meglio questo tema parlandone con la Dott.ssa Gabriella Coniglio, direttore del centro di Sclerosi Multipla dell’Ospedale “Madonna delle Grazie” di Matera, un centro che offre una assistenza a 360 gradi su questa patologia, grazie anche alla presenza dell’AISM (Associazione Italiana di Sclerosi Multipla).
La ricerca Clinica in questi ultimi anni sta dando sempre più attenzione alle malattie neurodegenerative e alla sicurezza dei nuovi farmaci, secondo Lei come è stato l’impatto della ricerca su questa malattia?
“La Sclerosi Multipla è una patologia sempre più studiata e conosciuta grazie agli studi clinici di settore. E’ una patologia infiammatorio degenerativa del sistema nervoso a genesi autoimmune che è quindi studiata sotto diversi punti di vista non solo neurologico ma anche immunologico. Oggi grazie alla ricerca clinica abbiamo tanti farmaci innovativi, fortunatamente sempre più efficaci rispetto alle terapie empiriche che venivano usate in passato.
I farmaci innovativi vanno però costantemente monitorati in quanto è importante che efficacia terapeutica e sicurezza vadano di pari passo, in particolare perché la maggior parte delle persone colpite dalla Sclerosi Multipla sono donne giovani con aspettative di gravidanza, di allattamento e quindi la sicurezza di un farmaco per loro è fondamentale”.
Quindi la possibilità di fare degli studi clinici più ampi sui nuovi farmaci immessi in commercio aiuterebbe a perfezionarne l’efficacia e la sicurezza?
“Sicuramente dai trial clinici registrativi su popolazioni ”selezionate” spesso non è facile trarre conclusioni adeguate in termini di sicurezza ed efficacia di un farmaco. L’urgenza è quella di vedere nella real life qual è l’impatto di un nuovo farmaco. Questo oggi viene agevolato dall’utilizzo di registri nazionali ed internazionali e di studi osservazionali che ci permettono di valutare casistiche molto più ampie di pazienti che vivono comuni condizioni di vita quotidiana e sono spesso portatori anche di altre patologie. L’utilità dei registri di patologia e degli studi osservazionali è veramente rilevante per la comunità scientifica.”
Come vede il rapporto medico paziente nel nuovo mondo tecnologico, in particolare la ricerca di informazioni mediche tramite internet?
“Abbiamo una popolazione giovane con una grande aspettativa di vita che si trova ad affrontare una patologia cronica, più o meno invalidante a seconda delle forme, quindi c’è in gioco una grande attesa di nuove terapie e di un aiuto sempre più specifico. Grazie ad internet i pazienti sono molto attenti e informati sui nuovi farmaci e sulle nuove possibilità di cura relative alla loro patologia. Spesso si crea una grande aspettativa, che però a volte è illusoria e fonte di delusione perché non ci sono al momento terapie miracolose e\o guaritrici come a volte vengono pubblicizzate e non tutte le terapie sono parimenti efficaci o utilizzabili nei singoli pazienti. C’è anche chi non lesina ad offrire falsi rimedi non scientificamente validati. Bisogna essere realisti e affidarsi al proprio centro medico, perché ogni paziente ha una sua storia clinica ed una personale forma di malattia e necessita di una terapia personalizzata. Non sempre la qualità di vita del paziente dipende dal farmaco innovativo, bisogna sempre ritagliare una terapia su misura della persona tenendo conto anche delle sue necessità lavorative, affettive,di vita. Una buona e approfondita comunicazione e conoscenza del paziente aiuta ad affrontare al meglio il processo di cura”
A tal proposito si parla molto ultimamente di Medicina Narrativa, dare la possibilità al paziente di poter scrivere una storia di come vive la sua malattia, quindi non dare un approccio prettamente scientifico, ma mettere al centro l’uomo e la nuova sfida che la vita gli ha messo davanti. Lei crede che la Medicina Narrativa potrebbe dare un valido aiuto per migliorare la vita dei suoi pazienti?
“La Medicina Narrativa è una pratica nuova e molto interessante. Chi soffre di una malattia prima di essere un malato è una persona, prima di essere un destinatario di farmaci, anche altamente innovativi, è un uomo che chiede di essere protagonista del suo percorso di cura. Ha quindi bisogno di imparare a conoscere la malattia in sé e in quello che provoca in lui che la vive dal momento della diagnosi quando il mondo crolla, alle fatiche che insorgono con la perdita di autonomia, con le relazioni affettive che possono venire meno .Il paziente deve affrontare quotidianamente una dura lotta di riappropriazione di sé e della realtà. La Medicina Narrativa può facilitarlo e sostenerlo in questo percorso conoscitivo, può aiutarlo a capire quali sono le sue vere esigenze ed evidenze,i suoi vissuti negativi ma anche le sue nuove risorse , da dove può e deve ricominciare una nuova vita. Narrare la propria storia, è importante per il paziente che prende coscienza di sé e del suo vissuto,delle sue personali risorse che magari prima non riusciva a vedere, ed è utile anche per il suo medico che oltre a prescrivere farmaci e a seguire il suo decorso clinico,impara ad interagire con ”lui” come persona,a coglierne il valore umano,a dargli consigli su come affrontare al meglio le nuove sfide che la malattia gli mette davanti. Anche in un’ottica strettamente terapeutica sapere che il proprio paziente ha un certo vissuto, che per esempio ama viaggiare o fare sport, aiuta il medico a tener conto del tipo di terapia che più si adatta a lui cercando di preservare il più possibile il suo stile di vita. La Medicina Narrativa rappresenta quindi una ricchezza interpersonale fondamentale per il medico e per il paziente che uscendo da ruoli definiti si possono percepire come persone amiche chiamate a condividere l’ avventura della vita.”