Al termine della fase d’aula del Master Scienziati in Azienda è prevista la realizzazione di un Project Work tecnico, utile a mettere in pratica le conoscenze apprese durante le settimane di formazione.
Abbiamo chiesto ai partecipanti di raccontarci brevemente come è stato lavorare in gruppo, come sono state organizzate le attività e quali sono state le fasi principali del progetto.
La sintesi del lavoro del gruppo composto da Carolina Tuccillo, Giuseppe Semeraro, Conny Paola Scialla, Cecilia Mazza, Gaia Cosentini, Sara Colella e Oriella Andresini
È arrivato il momento di sapere a quale progetto siamo stati assegnati, mille sono i pensieri che passano per la mente, spero di essere con lei, non voglio lavorare con lui, spero che sia un farmaco e non l’integratore… ansia, insomma.
Ecco che finalmente sullo schermo appare il primo gruppo assegnato, e cosí via l’altro… sembrano spuntar fuori tutti fatta eccezione del nostro gruppo.
Eccolo che appare, e si delineano coloro che saranno i componenti di questo stravagante gruppo: la precisa Oriella, la pazza Cecilia, la tenera Conny, la lavoratrice Carolina, l’ansiosa Gaia, e l’analitica Sara. Infine, c’è Giuseppe, un po’ il giullare di corte sempre pronto a fare una battuta di spirito per risollevare l’umore del gruppo ed anche un ragazzo fortunato, beato tra le donne!
Il tema da trattare è un farmaco per una patologia rara: cura di terza linea per la trombocitopenia autoimmune cronica, una malattia che in parole ‘potabili’ comporta una riduzione/distruzione delle piastrine.
Iniziamo a dividerci i compiti, con Oriella che, reduce dal suo dottorato in biologia, lo sente un po’ suo e ci mette tutta sé stessa. Riuscirà a trasportare tutto il gruppo nel magico mondo di “megacariociti, linfociti B, piastrine”?
C’è chi fa l’area medica, chi fa il marketing, chi fa il market access e anche chi, nonostante stia già lavorando e si trovi in un’altra città, ce la mette tutta per far si che tutto funzioni per il meglio. Grazie Carolina!
Intanto continuano i colloqui, qualcuno di noi ha già trovato uno stage e si sente protetto dalla consapevolezza che, comunque vada, la sua meta, o, forse il suo inizio, è alle porte. Perciò, chi con la mente sgombra, chi con buone dosi di incertezza e preoccupazione, eravamo tutti accomunati da un pensiero: uscirne soddisfatti, divertiti e avendo collezionato meno critiche possibile.
Ed è allora che sono iniziati i primi stress, i primi imprevisti, cose che un po’ ci aspettavamo dopo l’esperienza del primo project work.
Il desiderio del raggiungimento dell’obiettivo – finire l’agognato progetto – ci ha uniti più che mai trasformandoci in un perfetto ingranaggio, di cui ognuno di noi costituiva un pezzo prezioso, senza il quale l’intero meccanismo non aveva possibilità di funzionare. Osservando l’ingranaggio, quando era in movimento, nonostante la spiccata eterogeneità dei suoi componenti, era armonioso. L’armonia e la creatività di ognuno sono state il nostro punto di forza. Ci siamo sbizzarriti nel realizzare brochure, inviti, poster, pagina facebook e materiale promozionale, tali da rendere verosimile il momento del lancio del nostro farmaco sul mercato, che era ormai una vera e propria sfida per il team.
E poi, come in ogni lavoro di squadra, sono stati svariati i momenti esilaranti, quelli che vengono annoverati tra gli aneddoti da ricordare e raccontare e che racchiudono un po’ l’essenza del gruppo. Per raccontarne uno: quando ormai eravamo agli sgoccioli, passavamo le nostre ore serali nella stanza dei desideri: la “cartoleria” di ISTUD. Cosicché se prima temevamo di non saper svolgere alcun mestiere, adesso siamo fieri del fatto che, se tutto dovesse andar male, avremmo un piano B: aprirci una cartoleria! Il più avvezzo era Giuseppe, ma c’è voluto poco che anche gli altri entrassero in sintonia con tutti gli strumenti a nostra disposizione, stampanti comprese. In particolar modo lei, la nostra instancabile sognatrice…
Alla luce di tutto ciò e alla conclusione di questo percorso, non ci resta che fare una riflessione: abbiamo imparato a destreggiarci in una cartoleria, conosciamo ogni cavillo sulla trombocitopenia immune e, cosa non meno importante, siamo capaci di non prenderci troppo sul serio!