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La Job Rotation. Origini, casi e prospettive

A cura di Silvia Fasano, Cristiancarlo Cristofari, Patrizia Rossi, Daniele Sanna, Angelica Tafuro – Master in Risorse Umane e Organizzazione  2015-2016

L’intento del nostro elaborato è stato di contestualizzare, definire ed indagare le opportunità operative della Job Rotation – strategia aziendale che prevede lo spostamento periodico e programmato dei dipendenti – alla luce delle esigenze strutturali, o contingenti, del mercato del lavoro.

L’interesse per la Job Rotation nelle realtà aziendali odierne, nasce e si sviluppa soprattutto come esigenza di plasmare e favorire nei lavoratori dei requisiti che possano giovare all’azienda nel suo complesso ed al contempo restare parte del capitale umano dei dipendenti, in un’ottica di continuo aggiornamento professionale. Da questa considerazione è derivata la volontà di guardare ai piani di rotazione non come vecchie pratiche in disuso – per sfuggire alla monotonia di ritmi lavorativi logoranti ed alienanti – ma piuttosto come programmi finalizzati alla condivisione di esperienze, competenze e conoscenze aziendali.
Volendo evidenziare le differenze dai primi utilizzi a quelli degli anni recenti, la trattazione ha inteso dapprima ripercorrere il contesto socio-economico in cui la Job Rotation affonda le radici. Tale percorso ha previsto la rassegna dei principi e delle implicazioni tayloristiche sull’organizzazione del lavoro: se gli obiettivi in termini di efficienza e output apparivano raggiunti, per le ricadute emotive e motivazionali sui lavoratori – in termini di stress psicofisico, alienazione ed insoddisfazione – cominciarono a palesarsi effetti negativi sulla produttività, generando un processo di revisione dello scientific management. Molte aziende sentirono allora l’esigenza di intervenire con dei correttivi che perseguissero gli interessi aziendali anche tenendo conto del benessere lavorativo. Gli strumenti di ristrutturazione del lavoro del Job Design – Job Enlargement, Job Enrichment, Job Rotation, Work Group – sono stati un primo punto di contatto tra un’organizzazione del lavoro di tipo ‘ingegneristico’ e approcci motivazionali. Da questa considerazione, l’iter di ricerca si è focalizzato più specificatamente sulla Job Rotation, esplicitandone usi e tipologie, anche attraverso il supporto di teorie che ne giustificano l’implementazione aziendale, sulla base dei criteri di produttività, motivazione e apprendimento (employer learning e employee learning).

L’analisi ha poi approfondito le eredità e gli sviluppi della Job Rotation nelle pratiche di HR, identificando le capacità che richiede e favorisce e le modalità con cui si opera. La volontà delle aziende di investire sulla creazione e sviluppo di profili lavorativi caratterizzati da elevati livelli di adattabilità, elasticità e flessibilità, ha visto nell’utilizzo della Job Rotation una soluzione spesso efficace. In effetti, attraverso l’uso di piani di rotazione – ben pianificati, monitorati e concertati con il personale coinvolto – non solo è possibile incrementare la flessibilità aziendale, ma anche avere dei dipendenti in constante fase di apprendimento – in particolare grazie a logiche del learning by doing e della formazione peer to peer – in grado di risolvere problemi di sostituzioni e rimpiazzi a seconda delle esigenze aziendali. Oltre a favorire maggiore produttività, affinamento di competenze e capacità pregresse e acquisizione di nuove, l’utilizzo di piani di rotazione all’interno delle aziende può comportare l’incremento dei livelli di motivazione dei dipendenti coinvolti – riducendo i tassi di assenteismo e turnover – grazie ad una più diffusa percezione di senso e di partecipazione in seno all’ente. Inoltre le aziende giovano anche della possibilità di usufruire di informazioni dettagliate ed empiriche sul rendimento dei dipendenti, vedendo così ridotti i costi di valutazione e assegnazione dei dipendenti ai lavori nei quali sono più efficienti.

Anche con riferimento agli esponenti della cosiddetta ‘Generazione Y’, rappresentata dai nati tra il 1980 e il 2001, la Job Rotation pare rappresentare una buona opportunità, in termini di inserimento e crescita nel mondo del lavoro. In linea generale, a contraddistinguere tale generazione sono la volontà di fare affidamento soprattutto sulle proprie conoscenze e competenze, la fiducia nella meritocrazia e nel valore dell’impegno e dell’autodeterminazione; ma anche il fatto di vivere un mondo del lavoro travagliato, in continua evoluzione, che richiede competenze a 360° e che prevede cambiamenti e spostamenti continui, sempre più lontano dalla stazionarietà e dal posso fisso. Piani di job rotation vengono anche implementati come strumento per amplificare l’attrattività dall’esterno e la retention all’interno, rientrando quindi – sia pur indirettamente – tra le strategie aziendali di Employer Branding. Questo può avvenire ad esempio tramite programmi di selezione e formazione pianificati passo dopo passo, dall’entrata in azienda fino ai primi 12/24 mesi di lavoro, generando un canale diretto tra i contesti aziendali e risorse nuove e competenti, provenienti dal mondo accademico.

Alla luce di tali considerazioni abbiamo dedicato un’ultima parte alle best practice, analizzando i casi Unicredit, Vodafone e Brembo, esemplificativi di un uso della Job Rotation efficace e radicato nelle pratiche aziendali.

In conclusione, l’uso di piani di Job Rotation può essere opportuno e foriero di buoni risultati, purché preceduto da adeguate analisi dei contesti e dei profili dei candidati. Ogni cambiamento presuppone dei costi, legati soprattutto all’abbandono della propria comfort zone ed alle sicurezze legate all’identificazione di ruolo: dunque è necessario pianificare tempi giusti di rotazione, così da evitare che gli spostamenti avvengano in modo eccessivamente rapido, comportando smarrimento piuttosto che opportunità di crescita. Se impiegata in modo adeguato, l’utilizzo della Job Rotation può risultare nel lungo termine un vantaggio competitivo, riuscendo a plasmare risorse preparate, versatili e propense a lavorare in contesti mutevoli e complessi, rispondendo alle attuali esigenze del contesto lavorativo.

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Silvia Fasano

Silvia Fasano

Partecipante Master in Risorse Umane e Organizzazione 2015-2016

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