A cura di: Anna Rita Cognata, Giuseppina Ditaranto, Matteo Gullì, Rossana Laconi, Anna Rosa Taffuri – Master Giuristi in Azienda 2019-2020
Baveno, Fondazione ISTUD, 21.06.2019. Personaggi di grande calibro partecipano alla tavola rotonda, coordinata dalla Dott.ssa Marella Caramazza, Direttore Generale della Fondazione, sulla gestione e destinazione dei beni confiscati alla mafia nel Nord Italia. La roundtable si apre con il primo ospite, Dott. Bruno Frattasi, Prefetto e Direttore dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata (L. n.50/2010), il quale fornisce un quadro d’insieme sulla strategia nazionale per la gestione di tali patrimoni, i cui tre obiettivi sono:
- Un sistema di governance incrementato, tramite gli organismi regionali e nazionali.
- L’effettivo riutilizzo dei beni sequestrati, anche tramite richieste dirette da parte delle organizzazioni.
- La valorizzazione e la continuità delle aziende oggetto di confisca.
Tra gli organismi mondiali che si occupano di gestire tali beni, quello italiano presenta un modello originalissimo. Il nostro asset recovery funge da “apri pista” e si distingue dagli altri proprio perché oltre alla vendita del bene si occupa anche del riutilizzo dello stesso a fini sociali (il nuovo Codice Antimafia, derivato dal recente Decreto Sicurezza, permette alle stesse organizzazioni di richiedere il bene). Il Prefetto evidenzia poi che l’Agenzia è un soggetto di destinazione del bene e non anche di gestione. Fondamentali, a questo riguardo – come conferma la presenza dell’amministratore giudiziario Dott. Giuseppe Fantigrossi, che si esprime nello stesso senso – risultano:
- L’art. 34 Cod. Antimafia, che permette di sostituire temporaneamente il management dell’impresa, con la figura di un amministratore giudiziario esterno, che prova a recuperarla; in caso contrario, interviene la misura patrimoniale dell’ablazione (confisca di prevenzione, espropriazione e acquisto del bene da parte dello Stato).
- L’art. 34 bis Cod. Antimafia, che prevede una sorta di “tutorato” tramite il quale il management rimane invariato ma è guidato da professionisti che tentano di riportare l’azienda “sulla retta via”; se l’azienda non riparte, anche qui interviene l’ablazione.
Il Direttore dell’ANBSC conclude poi delineando un aspetto peculiare: le imprese che subiscono il fenomeno mafioso (e che non sono nate come aziende di per sé mafiose) possono essere recuperate, benché l’asset strategico della reputazione ne venga sicuramente colpito. A tale scopo, vengono istituite le c.d. “white list” che contengono l’elenco delle aziende “virtuose” che non hanno mai avuto contatti con la mafia.
Interviene successivamente il Consigliere e Presidente della Commissione Antimafia Regione Lombardia, Dott.ssa Monica Forte, la quale pone l’attenzione su quello che definisce un “problema culturale”: il bene confiscato alla mafia è comunemente percepito dagli enti locali come un problema piuttosto che come una risorsa. È dunque responsabilità anche della Regione quello di favorire un corretto recupero dei patrimoni confiscati che insistono sui propri territori; a tale proposito, la Dott.ssa Forte ricorda che la Regione Lombardia possiede un fondo destinato al recupero e alla ristrutturazione dei patrimoni confiscati alla criminalità. In relazione alle risorse, altro tema estremamente importante è quello dei fondi europei: allo stato attuale non esiste una linea di finanziamenti destinati al recupero dei beni confiscati, e occorrerebbe realizzare progetti pilota che dimostrino un’effettiva esigenza sul territorio. Dello stesso parere le Prof.sse Carla Pansini e Daniela Mainenti che promuovono lo sviluppo delle professionalità legate all’amministrazione giudiziaria attraverso programmi formativi ad hoc, quale il Master su “Prevenzione dai Rischi di infiltrazioni criminali nelle attività economiche, gestione, amministrazione e riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati”.
Un esempio concreto del riutilizzo a scopi sociali dei beni confiscati è poi testimoniato dal sindaco del comune di San Donato Milanese, Dott. Andrea Checchi, il quale racconta della “confisca Molluso”. I terreni confiscati saranno utilizzati per coltivare il malto che verrà poi lavorato dentro un birrificio così da rendere il bene produttivo.
A seguire, l’intervento del Dott. Antonio Calabrò, Vicepresidente Assolombarda, il quale esordisce affermando che oramai non si può più parlare di “infiltrazioni” mafiose ma di tangibile “presenza” nel tessuto economico ed, in particolare, nei settori della gestione dei rifiuti e degli appalti pubblici.
Il Dott. Antonino Giorgi, professore di psicologia clinica dell’Università Cattolica di Milano, analizza invece i risvolti psicologici dei soggetti vessati dal fenomeno mafioso: in particolare, racconta di episodi di disturbi post traumatici da stress e della mancanza di visione futura da parte degli imprenditori.
La roundtable ha pertanto evidenziato come il tema dei beni confiscati alla mafia venga affrontato sia in Italia sia in ambito Europeo, mediante anche una forte presa di coscienza da parte delle Istituzioni.