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Intervista ad Alessandro Bonatti, HR Regional Manager presso Booking.com

A cura di Chiara Iannino, Giulia Ceravolo, Maria Piscopo, Giada RagusoMichele Girotto – Master in Risorse Umane e Organizzazione 2016-2017

Scarica l’intervista completa ad Alessandro Bonatti, HR Regional Manager di Booking.com da Slideshare

 

Alessandro Bonatti Booking.comAlessandro Bonatti è HR Regional Manager presso Booking.com, azienda in cui giunge nel 2013, dopo aver lavorato per quasi dieci anni in American Express.
Scopre la realtà HR grazie al percorso di studi universitari, un input che l’ha portato a frequentare un Master in Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane. Da lì, inizia la sua carriera che l’ha portato fino a Booking.com.
Booking.com, da anni, è la compagnia leader nel settore delle prenotazioni online di strutture ricettive. Booking.com fa parte del gruppo Priceline.Com. Il sito è disponibile in più di 40 lingue e offre 1.200.000 strutture attive in 225 paesi.

Dott. Bonatti, in primo luogo, ci teniamo a ringraziarla per averci concesso questa intervista, rappresenta una vera occasione di apprendimento per noi. Ci piacerebbe sapere qualcosa di lei, del suo percorso formativo, professionale e del primo approccio con il mondo HR.
Sono laureato in Sociologia e, attraverso i miei studi universitari, soprattutto antropologia, economia e psicologia sociale, maturai l’interesse per i vari aspetti delle realtà organizzative, quindi anche aziendali. Iniziai ad informarmi e a documentarmi sulla realtà del management e decisi così di intraprendere un Master in Amministrazione e Gestione delle Risorse Umane, master che mi diede l’opportunità di accedere alla realtà aziendale attraverso uno stage.

 

Cosa ricorda del suo primo giorno in azienda? Cosa ha conservato di quello stagista alle prime armi? E cosa è profondamente cambiato in lei?
Ricordo un sentirmi molto piccolo in un contesto enorme (per il numero dei dipendenti, per la grandezza dell’edificio, per il numero incredibile di gerarchie e di persone che ne facevano parte).
Mi sentivo piccolo, ma non perso, poiché da subito capii che dovevo ritagliarmi uno spazio tutto mio, cominciai a propormi per quelle attività meno attraenti per gli altri e, così facendo, mi resi prezioso per l’azienda: fui riconfermato dopo lo stage!
È importante, infatti, capire da subito il contesto in cui si opera e capire cosa può essere fatto per offrire un valore aggiunto; bisogna imparare in fretta perché, soprattutto in uno stage, si ha poco tempo per dimostrare capacità e valore a chi ci gestisce. Non bisogna porsi limiti, soprattutto in un approccio iniziale: è quello che continuo a fare anche oggi.
Da una lettura del suo CV, è emerso che ha lavorato per qualche tempo all’estero (Olanda e Spagna, presso le sedi di American Express).

 

Quanto ha trovato formativa questa esperienza? Quali sono i pro e quali i contro dello svolgere il suo lavoro all’estero? E perché ha scelto di tornare in Italia?
Le esperienze lavorative all’estero sono molto formative e le consiglio a chiunque abbia voglia di crescere e migliorarsi. Per quel che riguarda me, l’azienda presso cui lavoravo mi offrì l’opportunità di partecipare ad un progetto nelle sedi di Amsterdam e Madrid, perché ero un esperto nell’uso degli HR Management System e fui scelto per lavorare in un team internazionale che aveva la finalità di implementare questi strumenti anche in altri Paesi. Colsi al volo l’occasione: lavorare all’estero con colleghi stranieri, infatti, consente di aprirsi a prospettive sempre nuove e diverse e permette di sviluppare una capacità di ascolto notevole. Tuttavia, mi sento di dire che non esistono a prescindere dei pro e contro nel lavorare all’estero, ma tutto sta nell’approccio che si ha al lavoro, che sia in Italia o che sia altrove: ciò che premia è la professionalità, l’impegno e il sentirsi sempre aperti a un potenziale cambiamento. Dunque, lavorare all’estero ha sicuramente dei vantaggi dal punto di vista della conoscenza e dell’esperienza, ma non è detto che questo non possa avvenire anche in Italia. Difatti quando mi fu offerta l’opportunità di restare, decisi invece di rientrare in Italia per far fruttare quello che avevo imparato. Non bisogna necessariamente abbandonare il nostro Paese per lavorare in realtà multinazionali, stimolanti e che abbiano un respiro internazionale: questo tipo di realtà esistono anche qui da noi ed io ho avuto il privilegio di lavorarci.

 

Come riesce a bilanciare lavoro e vita privata?
Devo ammettere che nel corso del tempo ho fatto grossi progressi da questo punto di vista!
All’inizio delle mie esperienze professionali sacrificai parte della mia vita privata e del mio tempo personale, ma lo feci volentieri e con il giusto spirito di un ragazzo giovane che ha tanta voglia di fare e la giusta capacità di ricaricarsi in fretta.
Oggi, invece, non rinuncerei mai al mio tempo libero, ai miei hobby e alle mie passioni perché sono proprio le passioni che ti tengono a galla nei momenti più duri. Il lavoro è una buona fetta della vita di tutti i giorni per cui va bilanciato con il privato nel miglior modo possibile. Il work-life balance, infatti, è una delle sfide principali all’interno delle organizzazioni. È importante capire quando fermarsi per dedicare tempo a se stessi e ai propri cari, altrimenti il lavoro lo si subisce anziché viverlo come un’esperienza gratificante, come dovrebbe essere.

 

Ci racconta una sua giornata tipo? (a che ora inizia a lavorare, con chi si relaziona, che attività svolge).
Devo ammettere che mi state ponendo una domanda piuttosto difficile, nel mio lavoro non esiste una giornata tipo! Ogni giorno è diverso dal precedente.
Il mio ruolo è quello di HR regional manager, mi occupo della gestione diretta di un team di Hr business partner che sono basati in diversi Paesi.
Ciascuno di questi business partner è responsabile di una Region. I miei principali referenti sono: il team di business partner da un lato e il management dall’altro (le divisioni di business che supporto).
Con il management ho un rapporto di collaborazione molto stretto su tutte le tematiche HR, discutiamo su temi quali la pianificazione delle risorse da assumere, lo sviluppo delle risorse esistenti, discutiamo di talent management, people development, employee experience, engagement, solo per citare alcuni dei temi più ricorrenti.
Oltre a ciò, viaggio molto. Il 50% del mio tempo lo spendo in viaggi di lavoro nei Paesi sotto la mia responsabilità; al momento la mia Region conta 20 Paesi.

 

Detto ciò, descriverebbe il suo lavoro con tre aggettivi?
La schematizzazione non è il mio forte ma, facendo uno sforzo, (ride) direi: stimolante, dinamico e sfidante, perché ogni giorno è diverso dal precedente. Il mondo dell’HR è imprevedibile, ed essendo una funzione di supporto ci si adatta continuamente alle esigenze del business.

 

La sua esperienza nel settore Brain Intensive l’ha portata a farsi un’idea di come è cambiato, nel tempo, il contesto in cui un HR opera? Più nello specifico, come reagisce un HR alla volatilità di mercati e richieste aziendali?
La figura HR deve essere in grado capire, motivare e sposare il cambiamento. In passato il “change management” era un topic secondario nelle aziende; oggi è imprescindibile.
Un HR non deve essere solo flessibile, non basta più. Parlerei, a tal proposito, di “Resilienza”, che è la capacità di adattarsi in maniera efficace e proattiva, organizzarsi e mettere a punto la giusta reazione sia prima che un evento si verifichi, sia durante le fasi di cambiamento, sia dopo che questo cambiamento è avvenuto.

 

Essere HR Manager significa, tra le altre cose, ricoprire un ruolo di “ponte” tra le esigenze dell’azienda e quelle dei dipendenti. Quanto è difficile il ruolo di coordinamento?
Più che di coordinamento parlerei di “armonizzazione delle esigenze”. Un tempo, azienda (da intendersi come management direttivo) e dipendenti erano molto distanti tra loro da vari punti di vista, ma da almeno 10 anni a questa parte molti degli obiettivi sono diventati comuni: è ormai chiaro a tutti che un team soddisfatto produce meglio, e un team che produce fa felice l’organizzazione.
Per far sì che ciò accada, l’HR deve capire le esigenze delle persone, valutarne le richieste, stimarne gli effetti e mettere a punto piani di azione per il business, garantendo al contempo l’implementazione delle strategie aziendali.

 

Da 4 anni lavora presso Booking.com, azienda leader del settore delle prenotazioni online Tra gli ingredienti del successo, quanto pesano le qualità dei vostri dipendenti? In altre parole, quanto sono determinanti scelte di HR management?
Le persone non sono il valore aggiunto in un’azienda, ne sono il motore. All’interno di Booking.com ogni persona ha un peso specifico, ognuno è portatore della propria individualità e fornisce il proprio importante contributo. L’unione di tutti fa la forza, citando il nostro slogan “you are you, we are booking”.
Siamo un team che raggiunge obiettivi grazie al contributo di tutti i singoli, ma anche in virtù di una cultura organizzativa che ci unisce e che garantisce una visione comune. Dal punto di vista del talent Management, della valutazione di una performance, non guardiamo semplicemente alla parte quantitativa dei risultati raggiunti, ma valutiamo anche e soprattutto come si arriva a quei risultati: il comportamento tenuto dalle risorse, l’aderenza alla cultura e ai valori aziendali.

 

Quanta importanza ha la comunicazione interna? Come la gestisce?
La comunicazione è fondamentale. Booking.com è una realtà internazionale ed è importantissimo far circolare informazioni, valori e strategie in maniera puntuale ed immediata, da un Paese all’altro e da una Region all’altra, garantendo l’unità di intenti e favorendo la collaborazione e la condivisione. Booking.com si avvale di tutte le consuete modalità di comunicazione (videoconferenze, messaggistica etc), inoltre utilizziamo “Workplace” (la piattaforma di Facebook disegnata per i contesti lavorativi), che permette una condivisione senza barriere di tutto ciò che accade in tutti gli uffici del mondo in maniera tempestiva e, se vogliamo, divertente.
Workplace offre tutte le funzionalità di Facebook: profili, post, tag, like, etc. La comunicazione diventa immediata, interattiva e sposa le modalità che generalmente i dipendenti utilizzano nel loro privato.

 

Esiste un prototipo di dipendente Booking.com? Se sì, che caratteristiche ha?
Sì, esiste. È una persona che ama lavorare in team e che sia in grado di raggiungere obiettivi sfidanti.
È una persona aperta al cambiamento e che abbia voglia di misurarsi anche al di fuori della sua area di comfort. È una persona modesta, socievole, che consideri la diversità come un valore aggiunto.
In fase di ricerca e selezione, investiamo tempo non solo per trovare nei candidati una certa aderenza in termini di skill, capacità o conoscenze ma anche, e direi soprattutto, in termini di giusto fit culturale con l’azienda.

 

Quanto si discosta, se lo fa, la realtà italiana da quella olandese?
Booking.com è un’azienda giovane con un management giovane.
L’headquarter di Booking.com è ad Amsterdam, dove risiedono tutte le funzioni e i dipartimenti dell’azienda. Negli uffici locali, invece, vi sono soltanto parte dei dipartimenti. Al di fuori di questo, l’azienda è la stessa ovunque: stessi valori, stessa cultura, lo stesso approccio al business o alle persone.
Chi ha voglia di crescere può candidarsi per posizioni in tutto il mondo, incluso l’headquarter.
Noi HR incoraggiamo molto gli spostamenti interni attraverso percorsi di sviluppo e strategie di talent management. L’azienda fornisce anche diverse facilitazioni per questo genere di spostamenti, sia di breve che di lungo termine, così come per quelli permanenti.

 

La ringraziamo molto per le informazioni che ci ha offerto in questa intervista. Vorremmo concludere chiedendole qualche consiglio per noi e per tutti i ragazzi che aspirano a ricoprire posizioni come la sua.
In ambito HR, ciò che conta davvero è l’esperienza, che si apprende soprattutto sul campo. Non sono necessari anni e anni di lavoro per avere il giusto livello di esperienza, quello che conta è la qualità della stessa.
A chi è alle prime armi direi che tutto può rappresentare un buon inizio, purché non si perda d’occhio l’obiettivo di assimilare tutte le sfaccettature del mondo HR. Secondo me, l’approccio specialista non è vincente, sarebbe piuttosto preferibile puntare su una conoscenza generalista, che permetta di esplorare la totalità dei processi e non solo una parte di essi. La curiosità, l’intraprendenza e la tenacia premiano: mai arrendersi davanti ad un’esperienza non andata secondo le aspettative. Infine, la credibilità è imprescindibile per chi voglia intraprendere un percorso di carriera all’interno del mondo HR e la credibilità la si ottiene con la professionalità, a tutti i livelli.

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Chiara Iannino

Chiara Iannino

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