Project work a cura di Hana Hamidi, Alessandro Lungarini, Stefano Mellai, Andrea Staffiere e Nicoletta Nicosia – Master in Marketing Management 2016-2017
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L’Employer Branding (EB) è un sistema di strategie e strumenti che opera a metà strada tra Marketing e Human Resources. L’obiettivo dell’EB è quello di rendere il brand il più attraente possibile come datore di lavoro: “a great place to work”, che oltre a significare un bel posto in cui lavorare, è anche una classifica stilata dal Great Place To Work (GPTW) Istitute; il loro mantra è: un ambiente di lavoro eccellente è quello in cui ti fidi delle persone per cui lavori, sei orgoglioso di ciò che fai e hai un buon rapporto con i colleghi (Robert Levering, Co- Fondatore Great Place to Work).
Il marketing quindi, in questo caso, non sarà rivolto ad un consumatore esterno, ma baserà la propria attività sull’attrarre le professionalità di spicco, che dovranno incrementare il vantaggio competitivo che un’azienda possiede rispetto a quelle concorrenti (“a targeted, long-term strategy to manage the awareness and perceptions of employees, potential employees, and related stakeholders with regards to a particolar firm”). In più il brand punta a far restare all’interno dell’azienda il talento attratto, e quindi si ha la necessità di distinguere tra EB esterno e interno all’azienda stessa. Affinché questo sia possibile l’azienda deve sviluppare verso l’esterno una forte attrattiva: è questo il punto di legame tra EB e Brand Equity (BE), che viaggiano parallelamente verso lo stesso obiettivo, ossia la notorietà.
David A. Aaker, in Managing Brand Equity (1991), identifica graficamente i livelli di notorietà (o Brand Awareness) esistenti, utilizzando una piramide con alla base la marca sconosciuta e al vertice la marca top of mind, passando per la marca il cui ricordo viene sollecitato e per quella in cui rimane spontaneo. Se un’azienda non risultasse essere attrattiva per il cliente e non riuscisse a fidelizzare un target clientelare, troverebbe difficoltà nell’attrarre all’interno del proprio organigramma dei talenti. Potremmo quindi parlare di Employer Brand Equity: per accrescere la Brand Equity l’azienda deve puntare sull’immagine e sull’identità che il brand assume agli occhi del consumatore. Infatti, la Brand Image e la Brand Identity influenzano in modo soggettivo la capacità di “vedere” un determinato marchio: l’obiettivo è quello di far acquistare non solo un prodotto o un servizio, ma soprattutto l’immagine del brand ad esso associato. Al fine di incrementare il valore della propria immagine all’interno del mercato, l’azienda dovrà puntare al potenziamento della qualità dei propri dipendenti, ad ampliare il proprio network, a creare delle community per la condivisioni di file e di soluzioni e a fare un’ottima comunicazione social. Il lavoro sviluppato è incentrato sul tema dell’EB, della Brand Equity e, soprattutto, sul contributo dell’EB per la costruzione della Brand Image e della Brand Identity di un’organizzazione.
Il taglio che si è deciso di dare all’analisi si concentra sul confronto tra le diverse strategie di EB nei mercati del Business to Business (B2B) e del Business to Consumer (B2C). Infatti, dalla comparazione di due mondi così diversi può nascere un arricchimento in termini di conoscenze e di benefici o problematiche connesse alle strategie di Employer Branding. Alla sezione teorica e concettualistica fa seguito una sezione più empirica in cui abbiamo portato avanti alcune indagini grazie al supporto degli strumenti di analisi di Google e alle tradizionali tecniche di raccolta dati (interviste).
L’obiettivo individuato è quello di supportare l’indagine teorica condotta con dei casi reali, che dimostrino o smentiscano le tesi avanzate e che diano un valore aggiunto al progetto, in modo che questo possa configurarsi come un valido strumento per un’inquadratura generale sul fenomeno e la materia trattata.
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