Questo quarto capitolo di Disastri ed eroismi dell’antropocene è a cura di Alessio Ferraioli, Antonietta Melfi, Gastone Mizzon, Renato Cervini, Sofia Condina, partecipanti del Master ISTUD Scienziati in Azienda.
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Background – Il Prince William Sound è un grande fiordo glaciale che si estende per 9000 km², inserendosi nella terra meravigliosa e incontaminata dall’Alaska. Questo territorio è una via di transito per le navi cisterna che fanno rifornimento di petrolio nell’oleodotto della Trans-Alaska Pipeline System, a Valdez, ed è ampiamente conosciuto per essere ricco di materie prime commercialmente interessanti, con un ecosistema peculiare sviluppatosi grazie alle variazioni del clima e delle maree durante l’arco dell’anno. In questo luogo abitano le popolazioni native locali del Chugach, catena montuosa dell’Alaska, concentrate soprattutto nei villaggi di Tatitlek, Chenega Bay e Cordova, le quali fondano i loro principi e le loro tradizioni su un rapporto di interdipendenza e connessione con la natura. L’ecosistema del Prince William Sound e lo stile di vita di queste popolazioni vennero completamente stravolti il 23 Marzo del 1989 quando la superpetroliera Exxon Valdez, di proprietà della società petrolifera Exxon Mobil, riversò in mare 41 milioni di litri di petrolio greggio.
Scopo – Poiché le ripercussioni di questo disastro sono state molteplici e sono tutt’ora tangibili, i nostri obiettivi sono stati: ricostruire gli eventi legati all’incidente; analizzare gli effetti del disastro sull’ecosistema marino; comprendere le ripercussioni psicologiche che hanno alterato le tradizioni e i valori culturali delle popolazioni native; individuare le modalità con cui l’essere umano ha cercato di porre rimedio, attraverso il proprio impegno attivo, alla catastrofe ambientale in corso.
Metodi – Per riuscire nel nostro intento abbiamo consultato diverse fonti tra cui: documentari, pagine web (dedicate alle popolazioni, agli attivisti ed al disastro), articoli scientifici e articoli delle principali testate giornalistiche.
Risultati – Dalle ricerche bibliografiche è stato evidenziato che la superficialità e l’eccessivo risparmio della società Exxon Mobil, finalizzata al ricavo del solo profitto economico, sono stati fattori cruciali nel determinare l’entità del disastro. Il petrolio rilasciato quella notte, infatti, stravolse l’habitat delle moltissime specie che abitano il Prince William Sound e portò alla morte di un elevato numero di esemplari. Abbiamo appreso, inoltre, che il disastro ha privato le popolazioni native locali di tutto ciò su cui sino ad allora avevano basato le loro tradizioni, inducendo una “rottura” del legame tra l’essere umano e il mondo naturale, e modificando il concetto di “villaggio sano” visto come un cerchio in cui la comunità è al sicuro. Dall’analisi dei documentari e delle testimonianze è emerso il contributo concreto di molti attivisti, i quali si sono prodigati nel cercare di ripristinare la “salute” del Prince William Sound e nello scongiurare analoghi disastri futuri. Tra le varie testimonianze, quella che ha raccontato nel modo più significativo il caos dell’attività frenetica per liberare gli animali e le rocce dal petrolio,
è stata quella riportata dall’attivista Merle Savage nel suo libro “Silence in the sound”.
Lezioni per il futuro – Viviamo in un’epoca in cui l’azione dell’essere umano sta giocando un ruolo altamente impattante sugli ecosistemi mondiali. La vicenda della Exxon Valdez ha portato all’elaborazione di una serie di modifiche, a livello legislativo, per implementare la sicurezza del trasporto petrolifero e ad una riflessione sulla necessità di un futuro più sostenibile, basato sull’utilizzo di energie a bassa emissione di carbonio.
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