Intervista a cura di Carla Sinisi, Giulia Galli e Alessandro Castellone. Programma “Retail Your Talent” 2016-2017
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Davide Semplici si laurea in Ingegneria Gestionale presso l’Università degli Studi di Pisa. Dopo diverse esperienze internazionali, entra a far parte del gruppo Procter&Gamble nel ruolo di Assistant Brand Manager per poi ricoprire ulteriori ruoli anche nell’ambito del commerciale. Negli anni, grazie ad un’innata propensione alle novità, svolge la funzione di Sales Category Manager e oggi quella di National Trade Marketing Manager (Oral Care). Dopo il primo contatto su LinkedIn ci organizziamo per una call.
Dottor Semplici, qual è stato il suo percorso formativo e professionale fino ad ora?
Sono di Siena e ho studiato Ingegneria Gestionale a Pisa, mi piaceva l’idea di vivere in un’altra città. Ciò che mi ha guidato nella scelta professionale è stato il mio forte interesse per il campo Manageriale. Durante l’esperienza di Erasmus in Olanda ho cercato di approfondire settori più specifici nel ramo del Management e durante un successivo semestre di stage a Barcellona ho potuto vivere più da vicino le dinamiche aziendali. In Spagna lavoravo nell’Ufficio Acquisti della Derbi National Motors (Gruppo Piaggio). Quello è stato un ottimo inizio, negoziazioni e trattative erano operazioni quotidiane. Finita l’università ho conosciuto P&G e ho provato ad entrare nel reparto commerciale, ci sono riuscito. La passione per il commerciale l’avevo già maturata nel corso della mia vita, ho sempre trovato molto interessante l’aspetto relazionale del reparto vendite. Il trade marketing l’ho amato veramente una volta entrato in Procter dove ho trovato una realtà aziendale molto stimolante; prima di allora conoscevo solo un po’ di marketing puro perché l’avevo studiato all’università.
Come è arrivato al Trade Marketing Management?
In P&G la carriera commerciale prevede esperienze alternate tra il mondo Vendite e quello del Trade Marketing. Io ho iniziato nel reparto Vendite, imparando a gestire clienti e poi come percorso naturale di carriera sono entrato in sede come Trade Marketer. Nel Trade marketing ho imparato a conoscere la parte strategica che sta dietro ai piani commerciali.
La mia funzione è responsabile di disegnare le strategie commerciali dei vari Brand, e si interfaccia principalmente con due reparti: da un punto di vista di design con le Global Business Unit (le sedi centrali europee o mondiali) e da un punto di vista di deployment con la funzione Vendite che si relaziona con i clienti. In questo incarico non mi interfaccio quotidianamente con i clienti ma durante l’incarico da Sales Category Manager la relazione con il trade era quotidiana. È grazie a quell’esperienza che ho imparato come “funzionano” i clienti, quali sono le barriere per vendere un prodotto, cos’è e come si gestisce un assortimento di prodotti, o l’importanza dei vari spazi in-store. Questa alternanza di ruoli è stata fondamentale per disegnare strategie efficaci e coerenti durante l’attuale incarico.
Abbiamo capito che le giornate nel Trade Marketing sono sempre molto dense. Può descriverci una sua settimana tipo e quali sono le caratteristiche imprescindibili per lavorare in questa funzione?
È vero, non esiste una giornata tipo, ci sono molte sfide quotidiane e il disegno di strategie commerciali è molto complesso; una buona parte del nostro lavoro è legata all’analisi dei dati per l’elaborazione di strategie commerciali di sell in e sell out. Passando alle caratteristiche importanti per lavorare nel trade marketing, la capacità di relazionarsi agli altri e guidare un progetto comune è decisiva. Definirei la leadership un ingrediente fondamentale. Nel Trade marketing si ha necessità di connettersi alle altre funzioni: dal marketing puro al marketing in store, dalla logistica alla produzione. Bisogna saper lavorare in team e non avere necessità di lavorar da soli, serve una gran capacità di ascolto.
Tante delle informazioni con cui lavoriamo vengono dai nostri clienti e dall’esterno, queste sono le basi per la realizzazione di un buon piano: quanto più si è bravi ad ascoltare e capire i veri ostacoli, tanto più si fa un buon lavoro.
Ci incuriosiva molto il suo profilo soprattutto per le esperienze internazionali che ha fatto, incluso il semestre sabbatico di viaggio in Sud America che ha concluso un anno fa. Che cosa le hanno dato queste esperienze rispetto al suo lavoro?
Sono state probabilmente le esperienze più belle della mia vita durante le quali, oltre a divertirmi, ho lavorato molto su di me come persona. Viaggi del genere ti aprono la mente. Ho capito l’importanza dell’ascoltare e dell’ascoltarsi. L’esperienza interiore si è riversata in maniera incredibilmente positiva anche sulla mia carriera perché quando uno ha le idee chiare su cosa vuole essere e dove vuole andare, affrontare le sfide quotidiane diventa più facile.
Ci sembra quindi di capire che è fondamentale mantenere la mente aperta ai cambiamenti, giusto?
Assolutamente. Quando ci si affaccia al mondo da neolaureati non si ha niente da perdere, all’inizio si parte con delle esperienze anche in base alle disponibilità del mercato e questo è corretto. Se posso dare un consiglio però è fondamentale continuare ad ascoltarsi e capire cosa piace fare veramente, dopo qualche anno che si lavora si ha sempre più da perdere e questo è il più grosso freno nei confronti del cambiamento. Ma nonostante ciò che c’è da perdere vale la pena avvicinarsi a ciò che si ama, le strade nuove portano cose positive.
Ha qualche consiglio per noi?
Credo che questi consigli possano valere sempre: andate, sperimentate, fate cose che vi arricchiscano in aggiunta all’università. L’università è un’ottima base, rappresenta “le fondamenta della vostra casa” ed è importante farla bene, però “il palazzo” siete voi e per costruirlo bene viaggiate, andate in Erasmus, inseguite le vostre passioni, siate curiosi di imparare nuove cose. Ci sono spesso dei compromessi da accettare, ma sponsorizzo le esperienze all’estero perché quello che si guadagna è maggiore di quello che si rischia. O almeno, viaggiare è il modo che ha funzionato per me, ognuno può trovare il suo, ma non chiudetevi alle novità. Quella persona che diventerete vivendo “il nuovo”, dandovi da fare, imparando, è il vero valore aggiunto che può fare la differenza anche per un’azienda. Non è solo il 110 e lode ma è tutto ciò che la persona si è inventata per seguire i suoi interessi e le sue passioni a formarla, e questo non solo è importante durante un colloquio, ma è quello che farà la differenza anche nelle sfide quotidiane del mondo del lavorativo.
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