Articolo a cura di Andrea Fabris e Benedetta Borgatti – Master in Risorse Umane e Organizzazione e Karin Kamler – Master in Marketing Management
Il 6 aprile 2016, presso il centro Copernico di Milano, si è tenuto l’incontro ISTUD “What’s Next, Ben-essere Organizzativo: le persone al centro”, per riflettere sul tema della Mindfulness e del benessere all’interno del luogo di lavoro.
L’idea nasce da una riflessione circa la quantità di malessere percepito in ambito lavorativo in particolare in questi ultimi anni caratterizzati da complessità e incertezze e dal nesso tra tale disagio e la Mindfulness.
Da ciò parte l’analisi di Fabio Giommi, Presidente dell’associazione Italiana Mindfulness e Direttore NOUS-Scuola di Psicoterapia (MIUR), che ha cercato di inquadrare il termine Mindfulness per spiegare come questa possa essere la base per future analisi sulla creazione di un ambiente di lavoro che non sia portatore di disagio e che riesca ad incentivare il massimo benessere interno dei suoi dipendenti.
Il tema del disagio in ambito organizzativo ricopre ad oggi un ruolo di importanza tale da essere percepito come un problema gestionale.
I continui cambi strutturali interni e la concentrazione frammentata su una molteplicità di stimoli, che caratterizzano oggi il mondo del lavoro, creano un alto livello di tensione che si riflette necessariamente nella vita privata e professionale.
È quindi necessaria da parte delle aziende la consapevolezza dell’esistenza del problema ed una riflessione al riguardo.
Mindfulness, nasce come mindfulness meditation, ovvero pratiche di meditazione che hanno come scopo finale la presa di coscienza di sé e della propria condizione; nel 1979, Jon Kabat-Zinn, ricercatore scientifico in biologia molecolare c/o MIT ed al tempo stesso professore di medicina, inizia a praticare la meditazione di consapevolezza, ponendosi, in prima battuta, una domanda:
“Io ho sperimentato su di me il potere liberatorio e terapeutico di queste pratiche millenarie, sono professore di medicina e tratto pazienti, come posso portare il potere terapeutico di queste pratiche dentro ad una struttura istituzionale”?
Nasce così il protocollo MBSR, Mindfulness Based Stress Reduction, applicabile anche in ambito lavorativo, per il quale viene utilizzato un linguaggio scientifico, che gli conferisce tale validazione.
Il protocollo viene sviluppato inizialmente in ambito medico con l’obiettivo di permettere alle persone un diverso approccio allo stress causato dalla malattia, mentre solo successivamente viene esteso al mondo del lavoro per agevolare le persone ad avere una diversa relazione con il malessere da questo causato. Negli anni ’90 entra nel mondo della psicoterapia cognitivista ed è ad oggi percepito come “Uno stile di vita”.
Il protocollo ha una durata di due mesi e richiede una pratica continua e graduale, oltre ad una forte motivazione alla base, poiché ha come scopo la realizzazione di uno stato mentale che necessita di essere coltivato attraverso una serie di esercizi che portano all’abbattimento di abitudini e automatismi che si sono stratificati nella nostra mente.
Recentemente è stata attuata una variazione al protocollo di Kabat-Zinn specifica per i protocolli depressivi e dall’analisi realizzata da uno studio di The Lancet è emerso il risultato secondo cui, se applicato correttamente, il protocollo ha la stessa percentuale di riduzione delle ricadute delle terapie farmacologiche.
Proprio sulla base di questi risultati alcune aziende lungimiranti come TIM, in particolare nella persona del Dott. Fabio Galluccio, responsabile del dipartimento di People Caring, hanno deciso di implementare dei percorsi di aiuto e di ascolto nei confronti dei dipendenti per cercare di ridurre al minimo il livello di disagio all’interno della loro organizzazione.
È stato così attivato un servizio di counseling che dà la possibilità a persone in difficoltà di rivolgersi telefonicamente ad un professionista del settore, per iniziare un percorso di sostegno che permetta loro di accedere a risorse interne utili a riattivarsi. È stato creato un numero verde da chiamare e una mail a cui scrivere, con uno screening iniziale che valuta se questo tipo di counseling può effettivamente essere utile per il soggetto; dopodiché si può procedere, se la persona si dimostra interessata, con sette incontri più uno di follow up.
Importante sottolineare come, contrariamente alle aspettative, il filtro telefonico sia risultato un punto di forza nella creazione di un rapporto di fiducia e intimità, dimostrandosi più efficace della relazione face-to-face.
Attraverso questo strumento si è deciso di offrire un aiuto a tutti i dipendenti in situazioni di difficoltà o disagio, tanto lavorativo quanto personale, cercando, di conseguenza, di ridurre al minimo il malessere percepito all’interno dell’organizzazione e ottenere un ambiente di lavoro migliore per dipendenti e compagnia stessa.