Intervista a cura di Tiziana Balbi, Riccardo Bandera, Giulia Conigliaro, Davide Damiano e Andrea Guglielmetti – Master in Risorse Umane 2016-2017
“Il ruolo di un consulente non segue esattamente la definizione arbitraria di B2B e B2C, spesso svolge le sue attività sia con imprese che con altri soggetti. Il Rag. Giovanni Buratti, è responsabile della società di consulenza ‘Studio Associato Buratti’, svolge questa attività da 44 anni ed è titolare di uno studio con una decina di dipendenti che vanta la gestione di 3000 paghe annue, con una media di 20 dipendenti per azienda e che vede l’azienda più grande, da loro gestita, intorno ai 300 dipendenti. Svolge anche diverse attività per la agenzia di lavoro Atempo S.p.A., gestita dal figlio. Secondo il Rag. Buratti, nel campo della consulenza è difficile definire chi sia il consumatore finale; spesso l’attività da loro gestita è considerabile B2B, quando si prendono carico dell’elaborazione delle paghe, il servizio è offerto all’azienda, tuttavia a trarne beneficio è il consumatore, in questo caso il dipendente. Appare evidente come, nel campo della consulenza, il confine tra B2B e B2C sia molto sottile. Lo ‘Studio Associato Buratti’ offre un servizio a 360° al mondo imprenditoriale, comprendendo tutte le funzioni relative alle Risorse Umane che ciascuna azienda vuole esternalizzare”.
Quali sono gli aspetti che a suo avviso sono mutati negli anni nel settore delle HR?
“Gli aspetti cambiati sono molteplici. Innanzitutto l’impatto che ha avuto la tecnologia: i sistemi informativi sono diventati fondamentali e devono essere costantemente aggiornati, con tutte le normative che si intersecano tra loro; se non ci fossero questi strumenti informatici sarebbe difficile applicarle tutte. Questi strumenti chiedono però un costante aggiornamento, perché rimangano sempre al maggior grado di efficienza possibile: si pensi – ad esempio – che ogni tre anni dobbiamo aggiornare il software della Zucchetti che usiamo per gestire le paghe, onde non continuare ad utilizzare uno strumento divenuto ormai obsoleto.
Nel tempo sono cambiate anche le pressioni sindacali, un tempo erano molto più pesanti di quelle odierne e lo sciopero era all’ordine del giorno. Oggi gli scioperi si verificano praticamente solo nelle medie aziende. Il mio studio non coordina imprese con un elevato numero di dipendenti, massimo 300, per cui normalmente gestiamo grosse sindacalizzazioni. Ad ogni modo, negli anni alcuni problemi sono sorti, ma possono essere risolti in modo ragionevole, basta saper mediare: è proprio ciò che faccio in situazioni di questo tipo, quando mi viene richiesta una collaborazione. Il datore di lavoro e il lavoratore sono controparti, c’è spesso collaborazione, ma gli interessi di ciascuno sono differenti. È abbastanza difficile trovare aziende dove gli interessi delle controparti coincidano completamente. Riscontri positivi -nel caso di divergenze- si hanno quando si riesce ad interpretare correttamente la situazione e ci si confronta in un modo corretto con i lavoratori ed i sindacati, ovvero ci si ragiona”.
Quando selezionate una figura che deve rapportarsi con il “cliente-azienda” come ad esempio il venditore o figure che si rapportano direttamente al pubblico, la selezione è diversa rispetto ad esempio a figure come operai e ingegneri, che non hanno rapporti diretti con il cliente?
“La selezione per figure che si rapporteranno direttamente con i clienti è totalmente diversa, questo tipo di selezione è all’80% tutta in capo alla nostra società. Il confronto con il cliente è relativamente minore. Le psicologhe addette al recruiting analizzano il soggetto al fine di comprenderne l’empatia e i rapporti umani. Nel 90% dei casi, un venditore è un venditore di tutto”.
Quindi il recruiting avviene più sulle caratteristiche del soggetto che su quelle della società per la quale lo si sta reclutando, sono importanti ma passano in secondo piano.
“Poi ci sono attività come – ad esempio – il settore degli impianti, dove si propende ad inserire nell’area vendite dei tecnici, pertanto si cercano ingegneri o si fanno dei corsi di formazione relativi alla vendita a dei tecnici. In questi casi la selezione è completamente diversa, nel caso di chi si rapporta con il cliente si dà maggiore importanza alla presenza, all’empatia, e qualità affini.
I nostri psicologi somministrano anche dei test, da cui emergono dei risultati che vengono analizzati, a cui seguono altri incontri tenuti sempre dallo psicologo. In base alla tipologia di figura ricercata, cambia l’accuratezza dei test necessari, per alcune figure – ad esempio – i manovali, la selezione non richiede particolari test psicologici, si verificano semplicemente le esperienze pregresse del soggetto nell’ambito di lavoro richiesto dal cliente”.
Quando si occupa di consulenza all’interno delle aziende e le viene presentato un determinato problema relativo ad un dipendente, esso viene affrontato congiuntamente all’azienda o in maniera autonoma?
“Nel caso sia stato stipulato un contratto in abbonamento con l’azienda, ho un impegno ad assistere il cliente relativamente alle casistiche aziendali, quindi svariati compiti che passano dall’elaborazione delle paghe, le assunzioni e le varie necessità aziendali. In questo caso, mano a mano che si presentano i problemi, vengono affrontati congiuntamente con il cliente. Ci sono situazioni dove ci si può confrontare attivamente con il cliente perché sono presenti più di due soluzioni, in questi casi viene illustrata la casistica, facendo notare come la risoluzione possa essere non sempre lineare. Altre volte non c’è molto margine di ragionamento con il cliente perché le opzioni sono molto limitate. Ci sono situazioni dove è possibile consentire al cliente di scegliere confrontandoci, mentre talvolta non c’è spazio la concertazione essendo le modalità di risoluzione del conflitto sono arbitrarie”.
La sua carriera è iniziata subito nell’ambito della consulenza alle aziende? Come si è sviluppata?
“Mi sono diplomato ragioniere e subito dopo ho lavorato come responsabile amministrativo in un’azienda metalmeccanica che produceva bilance. Ho poi superato l’esame di autorizzazione amministrativa presso l’ispettorato del lavoro e questo mi ha consentito di iniziare a svolgere l’attività in proprio. Quando ho iniziato a lavorare in proprio svolgevo ancora ruoli amministrativi per mezza giornata nell’azienda metalmeccanica, non erano tempi facili. Ho iniziato assumendo una segretaria, poi ci siamo ingranditi. Lo scopo è sempre stato quello di offrire alle aziende i servizi dei quali avevano bisogno. Sono iscritto all’Ordine del Consulenti del lavoro di Varese dal 1972, per oltre 35 anni sono stato membro del consiglio e per 6 anni ne sono stato il Presidente”.
C’è una competenza che ritiene fondamentale nello svolgimento del suo lavoro?
“Ritengo fondamentale la formazione continua, intesa come formazione professionale, l’aggiornamento. Quando si consiglia ad un cliente bisogna farlo con cognizione di causa, con almeno il 90% di certezza rispetto a ciò che si dice. Non possono essere date risposte aleatorie, la certezza del parere che mi è richiesto deve comprendere anche l’incertezza insita nelle normative”.
Qual è l’aspetto del suo lavoro che ritiene più importante, per qualsiasi motivo, anche personale?
“L’onestà, fondamentale in tutti gli aspetti della vita, non solo nel lavoro. Ad esempio, se mi giungono richieste in aree di lavoro che io non seguo bisogna avere la capacità di rifiutare, quando non è pertinente al proprio campo. I clienti guardano il risultato e l’onestà paga sempre: i clienti sono sempre arrivati per passaparola. Oltre all’onestà in senso generico, mi riferisco nello specifico alla consapevolezza dei propri limiti, in particolare riguardo alla mole di lavoro da accettare”.
Inoltre questa caratteristica risulta particolarmente importante, soprattutto quando si svolgono compiti per i quali è ritenuto responsabile il datore di lavoro. Ad esempio – come spiegato dal Rag. Buratti – errori nelle buste paga potrebbero indurre un dipendente a mettere in dubbio la buona fede del datore di lavoro, compromettendo irrimediabilmente i rapporti. Come professionista questa situazione è da evitare assolutamente, quindi se si applica sempre il principio di onestà, nel caso fossero commessi errori, il dipendente si mostrerebbe maggiormente comprensivo in virtù del comportamento corretto che si è sempre dimostrato.
Purtroppo l’onestà non sempre è apprezzata dai clienti, «alcuni pensano che fare notare le norme da rispettare, “complichi la vita” e se ne risentono. Certe volte è necessario avere il coraggio di consigliare il cliente secondo quanto è più corretto dal punto di vista normativo, correndo il rischio, in risposta, di perdere il cliente». L’onestà è particolarmente apprezzata anche in sede di controlli: infatti gli ispettori che visitano lo studio del Rag. Buratti sono consapevoli del modus operandi del titolare e per questo motivo tutto avviene in modo rapido e senza complicazioni.
«L’onestà è appagante sia sotto un aspetto professionale che etico. Sarà meno appagante sotto un aspetto economico, ma le aziende che operano in modo disonesto hanno vita breve. Questa è una delle cose più importanti della mia attività».