A cura di: Giuseppe Canonico, Federico Fenech, Maria Francesca Mafrica, Eva Palumbo, Andrea Parodi e Giulia Rinaudo – Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
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In un mondo in cui si fa sempre più necessario stare al passo con l’evoluzione delle dinamiche di mercato, diventa di fondamentale importanza applicare strategie vincenti che permettano di reagire con tempismo e flessibilità a tali cambiamenti. È in tale contesto che si inserisce la metodologia agile, inizialmente concepita e sviluppata nell’ambito del software development.
Essa fornisce un modo di lavorare e gestire i progetti che funziona particolarmente bene in condizioni di sviluppo continuo, ambiguità, vulnerabilità, incertezza e complessità (fattori ben sintetizzati dall’acronimo V.U.C.A.), in cui è pertanto necessaria una ripianificazione rapida e continua del lavoro. Un aspetto poi rilevante, che gli stessi professionisti dell’agile tengono a sottolineare, è che non si tratta solo di una metodologia di lavoro, ma anche di un vero e proprio mindset, di una filosofia differente che propone un modo molto diverso di vedere
e organizzare il mondo aziendale e del lavoro in team, contrapponendosi nettamente al vecchio, tradizionale modello “a cascata” (waterfall model) che, pur rappresentando ancora adesso un importante riferimento all’interno del project management, ha iniziato a palesare, almeno a partire dagli anni 2000, limiti importanti.
Volendo sintetizzare e schematizzare gli elementi fondanti, e fondamentali, di questa metodologia/mindset, è possibile affermare che essa consiste in:
• Flessibilità strategica e capacità di ripianificazione continua.
• Centralità e coinvolgimento del cliente durante tutto il processo di sviluppo del prodotto; particolare attenzione, dunque, alla customer experience.
• Pianificazioni a breve termine e sviluppo step by step all’interno di piccole finestre temporali, denominate “iterazioni” time-boxed.
• Check frequenti dei risultati conseguiti all’interno di ciascuna “iterazione” in cui, spesso, è il cliente stesso a controllare che lo sviluppo del prodotto vada nella direzione prevista.
• Organizzazione del lavoro in team autonomi di piccole dimensioni e altamente specializzati, denominati Squads.
• Collaborazione cross-funzionale all’interno dei team.
• Struttura a network tra i vari team che collaborano alla realizzazione di un risultato.
• Orizzontalità dell’organizzazione e parità tra i membri, con conseguente condivisione della responsabilità del lavoro tra tutti i collaboratori, nonché una maggiore autonomia decisionale dei singoli membri del team.
• Semplificazione e snellimento della burocrazia.
• Elevata ricezione di feedback e, dunque, di eventuali critiche – sia da parte dei collaboratori che da parte del cliente – in funzione di una ricerca di miglioramento continuo della qualità del lavoro.
• Totale trasparenza sia tra i collaboratori, sia nei confronti del cliente.
• Condivisione degli scopi, della visione e delle strategie aziendali; in tal modo, la chiara consapevolezza del lavoro che si sta svolgendo incoraggia i membri dell’organizzazione e genera benefici per l’azienda stessa.
• Modello dinamico incentrato sulle persone: il leader tende a non avere il controllo su tutto; egli lascia che il team si assuma la responsabilità del lavoro, lasciando spazio alle soluzioni creative.
• Tecnologia all’avanguardia: la tecnologia è un fattore primario nel raggiungimento degli obiettivi aziendali e nella customer experience.
L’applicazione della metodologia agile comporta, evidentemente, un cambiamento di paradigma che non può avvenire di netto e che, allo stesso tempo, genera perplessità e opposizioni da parte di chi non crede di aver bisogno di un modello organizzativo tanto diverso da quello dei sistemi aziendali tradizionali cui è da sempre abituato. Il mindset agile, insomma, deve necessariamente fare i conti con le tipiche resistenze al cambiamento, che possono essere più o meno influenzate da quella seniority aziendale poco propensa ad un cambio di mindset.
Per quanto riguarda l’ambito specificamente HR, questo presuppone che si intraprenda un percorso di creazione di una cultura organizzativa, di un habitat, che sia favorevole all’adozione dell’assetto agile, realizzando nuovi percorsi di formazione all’interno dei team e sviluppando nuove modalità di recruiting di talenti che posseggano il set di skills tecnico-attitudinali adatto ad un’organizzazione agile. Tali organizzazioni non sono più da concepirsi come “macchine” rigorosamente strutturate e con una leadership verticale – alla maniera, cioè, del waterfall model – ma come sistemi organici, come “organismi viventi” capaci di rispondere prontamente alle sfide e agli stimoli provenienti dell’ambiente mutevole in cui operano. Benché si parli di metodologia agile, tuttavia, sarebbe più corretto parlare di metodologie agile.
Ogni organizzazione, team o azienda, infatti, applica l’agility a proprio modo, secondo un paradigma che, pur avendo alla base le caratteristiche fondamentali cui si è accennato, può differire nella sua applicazione sotto differenti aspetti. Un esempio ben noto e assai diffuso di metodologia agile è lo Scrum, al cui interno possiamo identificare tre elementi chiave:
• Il Product Owner: figura che detiene la responsabilità del prodotto da un punto di vista funzionale e di business.
• Lo Scrum Master: figura che detiene la responsabilità tecnica della realizzazione del prodotto. Egli ha, dunque, il compito di gestire il team e di facilitarlo nella risoluzione dei problemi.
• Il Development Team: team orientato all’interazione e alla collaborazione, in cui è necessario essere in grado di porre il successo collettivo al di sopra di quello individuale.
Spotify, Netflix e la banca olandese ING Direct sono tre esempi illustri di imprese che, scegliendo di adottare una modalità organizzativa agile, hanno migliorato le proprie prestazioni non solo in termini di obiettivi di business ma, anche, di brand engagement da parte dei loro dipendenti. Si passa, in questo modo, da una cultura process oriented a una people oriented, in cui la forte condivisione dell’obiettivo e l’elevato livello di collaborazione tra i membri dell’organizzazione agile sono aspetti funzionali alla velocizzazione dei processi decisionali e di apprendimento, garantendo così l’ottimizzazione del Return on Investement.
Nel presente lavoro, pertanto, l’obiettivo perseguito è stato quello di analizzare il concetto di agile sia come mindset che, a livello operativo, come metodo organizzativo che segue i princìpi fondamentali sopraccitati, i quali rendono tale modello idoneo e compatibile con quelle realtà aziendali ove le innovazioni di processo e di prodotto risultano essere inevitabili per la sopravvivenza nel contesto dell’ambiente socioeconomico attuale, imprevedibile e complesso.
È stata poi focalizzata l’attenzione su quelle organizzazioni che hanno adottato la metodologia agile come modello di riferimento, per cercare di comprenderne il funzionamento e i processi sia interni che esterni. Tuttavia, nonostante gli indiscutibili aspetti positivi che una metodologia agile può apportare, è emerso come ci siano anche alcune criticità e problematiche che riguardano soprattutto la sua applicazione pratica. Nell’ultima parte è stato inoltre approfondito il tema della trasformazione delle tecniche di lavoro e, conseguentemente, delle responsabilità delle Human Resources, le quali si sono dovute adattare, non senza difficoltà, ai nuovi princìpi e alle tecniche del modello organizzativo agile.
Le argomentazioni esposte nella corposa parte teorica, che trovano ispirazione e fondamento nella letteratura sull’argomento, sono state infine affiancate da interviste rivolte ad alcuni esperti del mondo agile, in cui questi hanno condiviso le personali esperienze maturate sul campo. Le loro testimonianze sono state indispensabili per condurre un confronto tra ciò che dice la letteratura in merito al tema agile e l’esperienza reale, concreta, di chi questa metodologia la vive quotidianamente in prima persona.
A cura di: Giuseppe Canonico, Federico Fenech, Maria Francesca Mafrica, Eva Palumbo, Andrea Parodi e Giulia Rinaudo – Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020
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