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Autoimprenditorialità e startup: Intervista a Innocenzo Pluchino, Founder di Ciomod

A cura di Alessandro Martello, Francesco Parisotto, Pietro Scaglia e Giorgio Terranova – Master in Marketing Management 2016-2017

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Innocenzo Pluchino, modicano, classe ‘74, hai dovuto fare diverse esperienze lavorative e parecchi viaggi prima di capire quale fosse la tua vera strada. Arrivato in Spagna nel 2002, rimani colpito da un cioccolato preparato allo stesso modo di quello modicano. Tornato in terra natia, decidi di dare vita a Ciomod.
Dedicandoti allo studio del packaging, crei e rivoluzioni l’immagine della centenaria tavoletta del cioccolato modicano, dando vita ad un linguaggio radicalmente nuovo, innovativo e giovane. Qual è stata la strategia vincente?

Sicuramente tra tutte le esperienze che ho fatto, il periodo in Spagna mi ha dato la possibilità di imparare tanto. Questo mi ha consentito di arricchire il bagaglio culturale, facendomi acquisire un valore aggiunto difficilmente raggiungibile da solo. Potrei dire che la Spagna ha avuto il merito di riavvicinarmi ad un prodotto della mia terra. Mi riferisco al cioccolato di Modica, l’emblema di un territorio, un prodotto divenuto negli ultimi anni un fermo riferimento del nostro marketing locale. Il cioccolato di Modica è un cioccolato con premessa: se prima non viene raccontato non è possibile comprenderne l’autenticità. Lo si ottiene dalla combinazione di due ingredienti: massa di cacao combinata ad una certa percentuale di zucchero. Ad ogni modo il vero successo risiede, probabilmente, nella continua ricerca e nell’opportunità di arricchire le proprie conoscenze per poi poterle divulgare.

Sei stato nominato a Palermo ambasciatore per il turismo d’affari del Principato di Monaco assieme ad altre 13 personalità siciliane. Che cambiamenti ha avuto questa nomina sul tuo business e che frontiere ti ha aperto?

Il Principato ha intrapreso un progetto di cooperazione a cui si uniscono un paio di persone ogni anno in tutta Italia, le quali attraverso azione e strategia ottengono di riflesso un business. Questo significa avere l’opportunità di usufruire di uno degli spazi più importanti di Monaco, permettendo di attivare business e interscambi per far conoscere il Made in Italy nel migliore dei modi. Questo perché anche loro hanno capito che il Principato sta perdendo effervescenza di fronte a Dubai e a queste nuove realtà. Si tratta di sfruttare la vicinanza geografica per creare una strategia di rapporti che si intersechino fra di loro, al fine di poter essere presenti in una vetrina prestigiosa come quella del Principato. Questo permette anche a piccole aziende di relazionarsi e di conoscere personalità che aiutino a far crescere il brand e a divulgare le conoscenze. Oggi con il cioccolato e con quello che stiamo sviluppando, facciamo conoscere la nostra identità e il nostro territorio.

Iniziative come quella dell’apertura in Sudamerica di una piantagione di cacao…

Proprio l’anno scorso, a Dicembre, ho avuto il privilegio di partecipare ad una cena di gala, alla presenza del Principe Alberto. Per l’occasione abbiamo presentato in anteprima il nuovo complesso produttivo “Dolci Fonderie”. Questo nuovo investimento ci permetterà di implementare la nostra lavorazione della materia prima, in un mercato ormai altamente competitivo. Si pensi solo come fino a 15 anni fa le aziende sul territorio fossero poco più di una dozzina. Oggi più di 70 competitors si sono avvicinati al nostro “oro nero”. Questo ci impone un focus costante sulla qualità del nostro prodotto, ripartendo dai metodi di una volta, privilegiando la materia utilizzata e la lavorazione a mano. L’obiettivo è proprio quello di investire su queste peculiarità, creando valore aggiunto, preservando pur sempre il nostro approccio innovativo. In quest’ottica si inserisce un progetto di riconversione di alcune ex piantagioni colombiane di coca in altrettante di cacao. Attraverso il coinvolgimento di diverse famiglie della comunità di Cimitarra, nel dipartimento di Santander, siamo riusciti nel creare un prodotto unico nel suo genere. Oltre a riqualificare territori problematici, abbiamo infatti importato una fava di cacao unica nelle sue caratteristiche e che ben si presta al nostro tipo di lavorazione.

L’idea di un packaging accattivante e moderno è certamente uno dei punti di forza del tuo brand, in controtendenza con la tradizione dei competitors storici. Quanta ricerca vi sta dietro questo approccio e a quanto può essere stato difficile imporlo su un mercato antico e radicato come quello del cioccolato modicano?

Quando quindici anni fa iniziava Ciomod, l’associazione che molti avevano fatto era quella, forse più intuitiva, di “Cio” da cioccolato, “Mod” da Modica. In realtà per noi aveva anche una seconda e più importante valenza: cioccolato è moda. Questo è poi divenuto il claim dell’azienda, nell’ottica di restare al passo coi tempi. Del resto, oggigiorno, le chiavi di lettura più importanti sono, a mio parere, il rispetto e la ricerca. Il rispetto a 360 gradi: il rispetto della materia prima, della tradizione, della storia. Poi c’è l’innovazione, cioè presentarsi in una veste accattivante ma al contempo di buon gusto, con attenzione al dettaglio. Può sembrare una frase fatta, ma è difficile mantenere questo focus. Più una cosa è semplice, più aumenta il margine d’errore, risultando quindi più difficile da sviluppare. Una tendenza, questa, che stimola costantemente la ricerca, spingendoci a cercare un packaging coerente coi nostri valori. Oggi a distanza di quindici anni posso dire che se guardiamo con grande rispetto al nostro passato, probabilmente abbiamo la chiave di lettura non solo sullo sviluppo dei prodotti, ma anche a livello di cultura territoriale del settore, dando così l’opportunità di far crescere la Sicilia.

L’apertura dello store proprio dinnanzi al produttore storico Bonajuto è sicuramente una scelta coraggiosa che facilmente poteva non premiarvi, così non è stato. In che misura queste marketing strategies vengono studiate a tavolino?

Abbiamo aperto il nostro store da 4 anni e la Bonajuto ci ha sempre accompagnati ed affascinati. Per questo motivo ne abbiamo tenuto conto in ogni passo del processo produttivo. Quando parliamo di Bonajuto parliamo di Franco Ruta: un’icona del settore, una grande persona, non solo nell’ambito del cioccolato ma anche dal punto di vista umano. A livello personale è stato per me un padre, una di quelle persone che riusciva a trasmettere la passione per il suo lavoro. Dotato di grandi competenze manageriali, è uno dei primi a capire come in questo prodotto ci fossero grandi opportunità da studiare e sfruttare. Proprio ricollegandoci a lui e al suo modo di intendere il prodotto e il mercato, nasce la decisione di aprire il nostro store nel cuore del centro storico di Modica. Detto ciò, abbiamo comunque deciso di intraprendere la nostra strada, distinguendoci sotto più profili. Siamo ad esempio gli unici produttori di liquori aromatizzati al cioccolato sul territorio. Il processo che abbiamo utilizzato è stato dunque quello della diversificazione, sia attraverso la differenziazione di prodotto che nel modus operandi, cercando di stare al passo coi tempi, creandoci una storia tutta nostra. A distanza di 15 anni dalla nascita del brand e 4 dall’apertura del nostro concept store, siamo felici di poter dire che stiamo crescendo come produttori e come venditori. Oggi essere presenti in Austria, Germania, Inghilterra, Francia e, in ultimo, aver creato un network di contatti nel mercato russo a Mosca, con dei piccoli store che si focalizzano su prodotti ricercati, ci dà l’opportunità di riflettere sulle enormi potenzialità che il mercato ancora oggi ha da offrire.

Partendo dalla produzione del cioccolato modicano l’azienda si è poi evoluta in qualcosa di più complesso e strutturato. Ti chiedo pertanto se la tua idea di business partiva già con un’idea di diversificazione o è qualcosa che hai maturato col tempo e con l’esperienza?

In Ciomod è concentrata un po’ tutta la mia esperienza acquisita. Ho avuto la possibilità di acquisire competenze e poter costruire un network di conoscenze. Negli ultimi anni questi punti di forza si sono indirizzati, in un’ottica di costante diversificazione, nell’acquisizione di una vecchia villa padronale al fine di realizzare un quartier generale di Ciomod. Successivamente abbiamo aggiunto la parola “casa” proprio perché la sentiamo veramente come nostra. Come dico sempre, prima ancora di parlare dei nostri prodotti, parliamo di territorio. Il nostro modo di essere siciliani è così, sorridiamo e abbiamo voglia di accogliere. L’ospitalità è intrinseca nel nostro DNA.

Come nasce l’idea di Ciomod? Quanto la tua esperienza come ristoratore ti ha aiutato e quanto l’intraprendenza, la curiosità e la voglia di creare qualcosa di nuovo ti hanno stimolato?

L’esperienza è quella che ti devi portare dietro. Di errori ne abbiamo fatti una miriade e più sbagli, più ti puoi fortificare. Di questo ne sono sempre più convinto. Il mercato della ristorazione può risultare facile nell’accesso, ma poi è molto difficile da gestire. Da un lato ti confronti con il personale, impegnandoti affinché segua l’identità che hai voluto dare. Dall’altro con il pubblico, attorno al quale gira il 99% dell’attenzione. Diventa sicuramente fondamentale aver acquisito questa expertise. In particolare, quando ti confronti con gli altri ti arricchisci giornalmente e ognuno ti dà il proprio consiglio, che poi tu devi saper in qualche maniera scremare e adattare alla tua personalità. Non c’è dubbio che nell’evoluzione di Ciomod ci sia un miscuglio di esperienza imprenditoriale e estremizzazione dei nostri prodotti. Dietro alcuni di questi ci sono ricerche di una certa complessità per renderli particolari. Sono le strategie sviluppate grazie alle passate esperienze che mi hanno portato a capire come un prodotto possa essere venduto, sottolineandone la grande storia e la vasta ricerca che stanno dietro alla commercializzazione del prodotto stesso. Quando sbagli qualcosa molto spesso è colpa dell’inesperienza.

Quale è la vera grande risorsa a cui hai attinto per lanciare il tuo brand? Quali sono state le difficoltà?

La difficoltà molte volte sta nel trovare dei professionisti corretti. La grande risorsa è nel nostro caso il territorio. Il territorio secondo me oggi deve crescere molto. L’opportunità è data da chi ha la possibilità di investire, specie nella formazione, che è forse una delle difficoltà più grandi. Siamo in una terra, quella siciliana, dove non manca nulla e dove abbiamo degli scenari incredibili. Il vero grande problema è che chi è veramente valido tende ad andar via perché ha delle opportunità in altri paesi da poter concretizzare in modo più immediato. C’è una grande materia prima, c’è tantissimo nel mondo del food & beverage. Se si ragiona in questi termini, con le potenzialità che abbiamo, ti ritrovi a pensare che il miglior marketing che puoi fare è quello territoriale. Il turista viene qui, si affeziona ad un territorio, e può conoscere il cioccolato di Modica, un prodotto emblematicamente legato al territorio. La vera grande risorsa strategica va dunque rintracciata nel nostro territorio, sebbene poi ognuno con la propria specifica proposta di valore.

Quanto la creazione di valore che hai messo in atto sul piano del marketing, specie nelle prime fasi aziendali, è stata determinante nell’attirare gli investitori?

Abbiamo attirato l’attenzione di grandi aziende. Mi ricordo addirittura di quando abbiamo scatenato un’inaspettata controversia con Chanel. All’inizio c’è stata l’idea di fare un packaging che si avvicinasse ad un mercato di nicchia creando un cofanetto composto da 4 cioccolatini, ognuno di essi curato nel dettaglio, presentando le autenticità del territorio siculo. Ogni anno l’Eurochocolate lancia un claim, e l’idea è quella di confrontarsi secondo il claim che viene fuori. Il claim quell’anno era “Si fa in 4xte” e noi abbiamo realizzato una scatoletta che si chiamava “Choco N°4”. Abbiamo ricevuto un riscontro di mercato pazzesco. Un giorno però è arrivata una raccomandata: i legali di Chanel ci chiedevano di ritirare il prodotto dal mercato. Abbiamo eseguito la richiesta. Ma ciò che più ci ha stupito è come il prodotto abbia creato grandissimo interesse attorno a sé, facendo parlare di noi. Questo ben dimostra come l’appeal di un packaging interessante possa portare all’attenzione commerciale di grandi realtà imprenditoriali. Nel caso specifico, pensare un confezionamento così bizzarro, quasi estremo, per un prodotto come il cioccolato di Modica, è stata una grande chiave di lettura. Questo si traduce, giornalmente, in una grande attenzione da parte di quelle aziende che si riconoscono nel tipo di packaging da noi elaborato.

In che direzione si evolverà secondo te nei prossimi anni? Quali sfide in quest’ottica si prefigge Ciomod?

Abbiamo aperto e chiudiamo con le stesse parole: ricerca e rispetto. Ricerca e rispetto perché oggi il mondo del cacao è posto sotto attenzione. Ciomod sta creando un piccolissimo laboratorio come quelli che nascevano una volta, dove tostiamo le fave di cacao, le rendiamo granella, e aggiungiamo lo zucchero, trasformandole quindi in cioccolato. Tutto ciò avviene in un piccolo spazio, cercando di replicare quella che era l’antica linea di produzione. Un cioccolato fatto totalmente a mano, dalla creazione fino all’impacchettamento. Sicuramente non ci preponiamo lo scopo di diventare una grande industria. L’idea di Ciomod semmai è quella di fare le cose come si facevano una volta, al di là dei numeri.

Consigli per gli studenti di ISTUD Business School?

Fare quante più esperienze possibili, non pensare mai ad un posto fisso ma piuttosto provare a fare quello che più può piacere. Se si hanno tempo e possibilità ben venga l’esperienza. Fai 10, 20, 30 esperienze diverse, fino a quando non capisci quello che ti piace. Quando trovi quello che veramente non ti fa dormire la notte, a cui pensi giorno e notte, allora persevera in quello, perché sicuramente è la strada corretta.

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Alessandro Martello

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