A cura di Federica Astorri, Chiara De Paola, Annalisa Mancini– Master ISTUD Scienziati in Azienda XVI Edizione
Comunicare (da lat. Communicare, der. di communis “comune”) è sinonimo di rendere comune, far conoscere, essere in relazione verbale o scritta con qualcuno. La sua magia sta proprio nel creare la possibilità di una connessione intima con l’io del proprio interlocutore, acquisendo l’abilità di esplorare la sua mappa del mondo. Diceva Galileo Galilei: “Ma sopra tutte le invenzioni stupende, qual eminenza fu quella di colui che s’immaginò di trovar modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo?”. La dottoressa Chiara Fiorani ha fatto della comunicazione la sua passione, insieme all’amore per la vita e per il marito. Dopo la laurea in filosofia teoretica, ha lavorato nel mondo delle gallerie d’arte contemporanea, per poi continuare il suo percorso professionale in tre diverse agenzie di comunicazione del Pharma. La sua esperienza in Novartis la vede, inizialmente, nella veste di Senior Corporate and Internal Communication Manager con il compito di promuovere la cultura aziendale. Attualmente ricopre il ruolo di Pharma Communications and Patient Advocacy Manager e cura le relazioni con i media e con le associazioni di pazienti. Per approfondire questa tematica così vasta, la dottoressa Fiorani ci ha consentito di esplorare il suo universo.
Cosa accomuna la comunicazione interna ed esterna e cosa ha trasferito dall’interna all’esterna?
Gli elementi comuni sono l’identificazione di key message e la declinazione del modo in cui li si comunica ai propri interlocutori. Mi riferisco all’abilità di trovare delle chiavi di lettura, per focalizzare l’attenzione su obiettivi condivisi. L’altro elemento che ho avuto modo di sperimentare in entrambi i ruoli è quello della personalizzazione. Interfacciarsi con persone diverse, con ruoli e background diversi mi ha fatto comprendere che i messaggi vanno comunicati con linguaggi diversi, parafrasando uno dei nostri principi guida “il linguaggio giusto, al momento giusto, per l’interlocutore giusto”.
In che modo questa attività di umanizzazione si ripercuote nelle performance aziendali?
Quando si parla dell’importanza di rompere i silos, di non stare chiusi nel proprio ruolo o nel proprio gruppo di lavoro ma di avere uno sguardo più ampio, si parla proprio di percepirsi non solo come un’organizzazione ma come un “organismo”. La comunicazione interna è sicuramente attenzione alle persone, è dire ma è anche tanto ascoltare. E’ dialogo. Attenzione ai collaboratori e trasparenza. Se portata avanti in quest’ottica credo possa offrire un contributo attivo allo sviluppo del business. Quando ci sono obiettivi condivisi ci si sente maggiormente ingaggiati e si trovano più facilmente elementi di contatto anche nel lavoro day by day . Vivere la ricerca costante di un allineamento con i valori aziendali (i nostri sono: innovazione, coraggio, performance, qualità, collaborazione, integrità) rinnova gli stimoli per raggiungere un risultato, anche quando i compiti non sono facili.
E questo aiuta anche nella gestione dei conflitti interni?
Si, esatto. Avere dei valori condivisi significa avere una sorgente da cui abbeverarsi per affrontare le difficoltà o per avere il coraggio delle proprie azioni nel rispetto degli altri. Per coerenza con quanto sopra, ci tengo a sottolineare che la valutazione dei collaboratori di Novartis viene effettuata sugli obiettivi raggiunti e sui valori, quindi non solo se è stato raggiunto l’obiettivo, ma anche come lo si è raggiunto. Obiettivi e valori hanno lo stesso peso. Per l’azienda sono entrambi elementi di serie A.
Per la vostra comunicazione esterna e nell’interazione con i pazienti vi servite della medicina narrativa?
“Storie luminose” è stato il nostro progetto di medicina narrativa più importante: storie vere, di persone con sclerosi multipla, a cui è seguito un lavoro sull’orticaria cronica spontanea. Da queste storie si traggono molteplici benefici: il paziente condivide il proprio pensiero, il medico comprende meglio l’impatto della patologia sulla qualità della vita. Noi che lavoriamo nel pharma capiamo sempre meglio gli unmet need dei pazienti e disegniamo progettualità e servizi coerenti con i loro reali bisogni. Chi legge viene sensibilizzato, poiché al centro c’è il paziente. E per l’azienda? È una mission culturale molto importante.
La comunicazione è anche ascolto?
L’ascolto ti aiuta a conoscere meglio il tuo interlocutore e a trovare le risposte giuste.
Come vi differenziate dalle altre aziende nella comunicazione esterna?
Ciò che è veramente vincente nella comunicazione esterna è quella che noi chiamiamo “co-creation” con le associazioni di pazienti e con la comunità scientifica. Il sito www.brainzone.it, campagna digitale di informazione sul cervello, ne è un esempio. Significa ascoltare le vere esigenze dei pazienti, farsi guidare dall’esperienza dei maggiori opinion leader di un’area terapeutica per offrire un vero servizio: awareness, informazione, stimolo alla prevenzione.
Un quadro o un’opera d’arte che rappresenti il suo lavoro.
Mi vengono in mente alcune opere di Gianluca Sgherri, un artista contemporaneo che in una fase del suo percorso artistico ha rappresentato degli universi. In questi rivedo la mia idea di comunicazione: un mondo vastissimo, un’immensità da esplorare. La comunicazione è una dimensione aperta. Con le lettere puoi fare infinite parole, e con le parole infinite storie.