Project Work a cura di Alessio Conti, Piero Diodato, Stella Fiorini, Anna Marinelli, Caterina Pecorari, Noemi Spartivento – Master Scienziati in Azienda 2014-2015
Siamo circa nella seconda metà del mese di novembre quando ci sono stati presentati gli argomenti per i project work come conclusione del programma d’aula. Spinti da un forte entusiasmo, ci siamo sentiti di metterci in gioco sul brand della ricerca clinica in Italia.
Nel contesto internazionale l’Italia rappresenta un’area geografica di grande interesse per la ricerca clinica, attività irrinunciabile non solo per il suo valore in termini di investimento economico fatto nel territorio nazionale, ma anche per l’opportunità offerta al nostro Paese di migliorare la pratica clinica, di consentire l’accesso tempestivo a nuove terapie ai pazienti e, in generale, di crescita culturale.
La globalizzazione della ricerca clinica offre, sicuramente, grandi opportunità per migliorare l’efficienza del processo di sviluppo dei farmaci. Per le industrie farmaceutiche, i vantaggi di poter condurre studi clinici, non solamente negli Stati Uniti e nei Paesi dell’Europa occidentale, ma anche nei Paesi Emergenti presenti in Asia, America Latina ed Europa dell’Est, sono molteplici. Senza dubbio i costi e i tempi sono ridotti, alcuni Paesi hanno tempistiche per l’attivazione degli studi clinici molto veloci, e vi è la possibilità di reclutare un numero elevato di pazienti.
L’obiettivo del nostro lavoro è stato quello di valutare gli aspetti positivi e negativi della ricerca clinica in Italia, mettendoli in relazione con quelli dei Paesi emergenti.
I Paesi su cui abbiamo focalizzato l’attenzione sono stati l’Ucraina e la Polonia, per l’Europa dell’est, mentre per i paesi extraeuropei abbiamo considerato i cosiddetti BRIC, acronimo che comprende Brasile, Russia, India e Cina.
Per ottenere informazioni riguardo la tendenza alla delocalizzazione della ricerca clinica abbiamo redatto un questionario in lingua inglese composto da tredici domande che abbiamo inviato, tramite i più comuni social network, a specialisti del settore.
Il punto di debolezza principale della ricerca clinica in Italia è legato alle tempistiche. E’ stato sottolineato che i tempi per l’approvazione degli studi clinici sono in linea con quelli di altri Paesi, ma purtroppo insorgono, spesso, variabili legate all’incertezza. Questo elemento è sicuramente uno svantaggio, che non incentiva gli Sponsor a condurre gli studi clinici nel nostro Paese. In Italia diventa, quindi, imprescindibile continuare ad investire sul nostro unico vantaggio competitivo: la qualità della ricerca clinica.
Riteniamo che il rilancio della sperimentazione dei medicinali in Italia debba necessariamente passare da una crescita della ricerca di Fase I, non come ricerca fine a se stessa ma come passaggio obbligato per l’accesso alle sperimentazioni di fase più avanzata.
Per sviluppare questo lavoro abbiamo avuto a disposizione tre settimane e ci siamo alternati tra giornate dedicate allo studio e alle ricerche individuali a giornate in cui abbiamo lavorato insieme per poterci confrontare e sviluppare l’elaborato. Si sono alternati momenti di sconforto a momenti di ilarità, ma siamo giunti alla deadline orgogliosi e soddisfatti del nostro lavoro.